E’ stata presentata nei giorni scorsi presso il salone degli Stemmi della Curia Arcivescovile, l’associazione antiracket di Cosenza intitolata a Lucio Ferrami, commerciante di Guardia Piemontese ucciso il 27 ottobre 1981 a Cetraro poichè si era rifiutato di pagare il pizzo, all’evento era presente la moglie che al’epoca si salvò poichè il marito le fece da scudo con il suo corpo. L’associazione, costituita da 11 soci e guidata da Alessio Cassano, è stata salutata dal prefetto Santi Giuffrè, commissario antiracket straordinario, come un nuovo presidio dello Stato.
“Per capirne il valore e l’utilità – ha detto il Giuffrè- bisognerà certo fare il conto delle denunce e degli imprenditori che la stessa associazione accompagnerà nel percorso di riscatto”. Per Vincenzo Lombardo procuratore di Catanzaro coordinatore della DDA “non siamo più all’anno zero nella lotta al racket ma è chiaro che l’attenzione deve essere alta, perché sebbene Cosenza sia considerata meno permeata dalla ndrangheta è chiaro che non possiamo assolutamente dirla salva dagli interessi criminali”. “E tutti noi – ha affermato Alessio Cassano – sappiamo bene quanto sia diffuso e capillare questo fenomeno che affligge gli operatori economici di Cosenza e del suo circondario. Ma a determinare il controllo mafioso del territorio è l’acquiescenza e l’omertà degli imprenditori che accettano di pagare senza denunciare”. “Fino a questo momento – ha sottolineato il prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao – la presenza delle estorsioni e dell’usura in città è stata sottostimata”