E’ l’attuale vice sindaco, l’avvocato Francesco Paletta il candidato sindaco “di continuità” con le due ultimi amministrazioni alle prossime competizioni comunali dell’11 giugno. E’ quanto e’ emerso nel corso dell’ultimo consiglio comunale, dove lo stesso Paletta ha presentato un progetto regionale in attesa di approvazione riguardante il percorso impervio che porta all’antica fontana di San Nicodemo, riscoperta da uno storico locale, circa quindici anni fa dietro le preziose indicazioni di molti anziani, e ripulita da fanghi e detriti proprio nei giorni scorsi.
Se il progetto venisse approvato da parte della Regione potremmo puntare anche sul turismo religioso e fare di Cirò un paese “calamita”, che possa attirare turisti tutto l’anno, ma prima andrebbe valutato per la giusta importanza che ha avuto nella storia, per questo occorrerebbero più eventi e movimenti di massa che vadano nella giusta direzione: itinerari chiesa, luoghi dei miracoli, come la fontana di San Nicodemo ed i campi dove lui da bambino lavorava con suo padre in località “Castedduzzu” e Coppa-Mordace, aree queste che bisognerebbe renderle accessibili per futuri pellegrinaggi. Occorrerebbe una pista che arrivasse direttamente alla fontana per permettere ai fedeli di raggiungere anche in pellegrinaggio i luoghi sacri. Lungo l’attuale pista c’è un vecchio casolare che potrebbe diventare una piccola chiesetta dedicata al santo. Soprattutto durante la festa patronale che si festeggia tra la prima e la seconda settimana di agosto, l’area potrebbe essere invasa dal turismo religioso, quando giungono da Mammola tanti fedeli che insieme al popolo di Cirò festeggiano l’incontro religioso tra i due popoli, poiché San Nicodemo è Patrono dei due comuni: Cirò gli ha dati i natali nel 900 a Mammola morì nel 990. San Nicodemo dunque patrono delle due città: Cirò e Mammola , nacque da una famiglia umile, il padre Teofano, la madre Panta Dima, vivevano in un’umile casetta nell’allora villaggio Ypskron, attuale portello, oggi chiesa del Santo. Sono molti i miracoli a lui attribuiti, specie quando era ragazzino, come la lotta col diavolo, di cui ancora oggi, sulla pietra a cui egli si aggrappò, dietro la sua casa, sono evidenti i segni lasciati dalle sue dita infilati nella pietra, oggi meta di pellegrinaggi. Secondo quanto ancora oggi raccontano gli anziani, pare che San Nicodemo da bambino era solito giocare ad infilare le sue dita e le mani, come pure i piedi, nella dura roccia, mentre questa si lasciava deformare. Molte di queste impronte sono ancora oggi visibili sulla pietra dietro l’altare, luogo di continui pellegrinaggi da parte di fedeli, che ogni anno, da tutto il mondo, specie dall’Australia e America, dove si trovano numerosi Mammolesi, giungono a Cirò a visitare i sacri posti dove il Santo nacque e visse da bambino, prima di partire per Mammola. Ancora oggi gli anziani raccontano il miracolo del vino e dell’acqua avvenuto in zona Mordace-Castedduzzo-Coppa, dove il padre si recava a lavorare nei campi. Proprio in questa zona qualche anno fa un amatore di storia locale, grazie a molte indicazioni avute dagli anziani, è riuscito, dopo mesi di ricerca a trovare l’esatta posizione della fontana, dalla cui pietra, grande come il dorso di un elefante, attraverso tre fori praticati con le dita del Santo, ancora oggi sgorga acqua; mentre ai piedi della collinetta dove il padre era solito lavorare , si trova quasi nascosta dalla vegetazione e da cumuli di frana, una grotta dove il Santo si ritirava in preghiera. E ancora si racconta, che riuscì a catturare un cinghiale con un filo d’erba, che portò alla sua famiglia come pranzo per la cerimonia di matrimonio della sorella. Si racconta inoltre che, mentre era in viaggio, lontano da Cirò, per ritirarsi in preghiera, incontrò un venditore di brocche con il suo asinello, al quale gli chiese se poteva avere una ciotola per potersi cuocere la ghianda, cibo prediletto di San Nicodemo. Il venditore glielo negò dicendo che se i maiali la mangiavano cruda, perché egli la doveva cuocere? E così andò via , ma fatto pochi passi , ruzzolò da un dirupo, di tutto il carico che trasportava sull’asinello, si salvò solo la ciotola che il Santo gli aveva chiesto. Così preso da rimorsi, il venditore tornò indietro e donò la ciotola superstite al Santo, chiedendogli scusa. Raggiunto la sua maturità, San Nicodemo, si vide costretto a lasciare il paese, in quanto le sue “stranezze”, lo rendevano ridicolo agli occhi del popolo, e se ne andò amareggiato a tal punto che fermatosi a metà cammino, nei pressi di Gerace, egli disse:”Sentu vuci e cirotano, mi mpesu e vajiu avanti”(sento voci di cirotani, mi alzo e riprendo il cammino), tanta era la paura di incontrarli. Arrivò a Mammola sul monte Zappino, dove vi rimane fino alla sua morte avvenuta nel 990. Il corpo fu trovato invaso dalle formiche, le quali però non attaccarono la sola lingua, che tanto aveva saputo annunciare e consolare specie gli afflitti e deboli, attraverso le sue parole. Qui lo veneravano così tanto da divenire il protettore della città. Per questo gli anziani ancora oggi dicono che San Nicodemo è il protettore degli stranieri e non del suo popolo di Cirò che lo ha deriso fino a farlo scappare. Un tempo le case adiacenti alla chiesa era una unica casa dove all’interno, l’attuale altare maggiore, era proprio la piccola dimora della famiglia del Santo. Si racconta che egli andò in sogno al proprietario della casa raccomandandogli di lasciare la casa perché li doveva nascere una chiesa a lui dedicato, ma l’anziano signore non volle credere al sogno, e dopo l’ennesima volta che sognò il Santo, gli morì l’asinello, solo allora l’anziano contadino decise di lasciare la casa divenendo in futuro chiesa omonima, oggi meta di molti pellegrini. Secondo il racconto di alcuni anziani lungo la cresta della collina dove il padre del Santo lavorava solitamente, gli stessi anziani chiamano questa zona, la collina del Ritissa dove si trovava una grotta: la grotta di San Nicodemo. Purtroppo col tempo l’ingresso è crollato. Si racconta che i briganti avrebbero successivamente nascosti proprio in questa grotta, sotterrati, ori e gioielli.
Ben venga dunque l’intenzione da parte del popolo di riappropriarsi di questa grande figura storico religiosa, ma anche l’attesa benedizione che manca da quando scappò da Cirò. Bisognerebbe ripristinare anche la vera figura del Santo, come è rappresentato nelle antiche icone con l’abito basiliare. Speriamo che questo progetto possa ricollocare San Nicodemo al posto che gli spetta, nei cuori dei cirotani.