Sono l’ultima fase di un processo di trasformazione della società in chiave securitaria. Quello che noi sosteniamo da tempo è sicuramente il rispetto della persona che parte dal riconoscimento della sua libertà e di tutti gli altri diritti fondamentali.
Chiediamo una maggiore umanizzazione dell’accoglienza che parte principalmente dalla difesa degli ultimi e di tutte le minoranze e che oggi purtroppo appare distante dalle recenti leggi.
Vogliamo che venga garantita la dignità di tutti i migranti e che gli stessi, in una logica di accoglienza vera, siano messi nelle condizioni di contribuire a fare crescere il nostro Paese e la nostra Provincia.
Le recenti polemiche sulla realizzazione di un Hot Spot a Crotone ci lasciano del tutto esterefatti per la lettura che ne viene fatta in chiave anti immigrazione.
Bene ha fatto il Sindaco Pugliese a non sottrarsi alle sue responsabilità, a tagliare corto sulla discussione in merito e a riportare il tema sul disinteresse che il governo centrale, al contrario di quanto sta avvenendo per la realizzazione dell’Hot Spot, sta mettendo in campo nei confronti della Calabria e della Nostra Città in particolare (vedi aeroporto, bonifica ecc…).
Il punto, per conto nostro, non riguarda la possibilità di realizzare o meno quel centro nella nostra Città, ma la sua natura giuridica: si tratterebbe di un spazio di fatto escluso da ogni controllo giurisdizionale e legale, dove né gli avvocati né le associazioni potrebbero accedere.
Il problema, dunque, non è la struttura, ma l’intento politico che la determina.
Intento politico rappresentano, a nostro avviso, da una deriva fortemente negativa che rischia di determinare da qui in avanti la politica di asilo in Italia a seguito delle decisioni assunte a livello europeo per contenere il numero dei richiedenti asilo in arrivo nei paesi di prima frontiera, Italia e Grecia in primo luogo.
Gli hot spot sono dei centri chiusi ed avrebbero dovuto nascere in strutture già esistenti e/o precedentemente utilizzate come centri di primo soccorso e accoglienza o come centri di identificazione e espulsione.
A Crotone, in questo senso, sarebbe stato forse più utile ragionare meglio sull’utilizzo del CARA di Isola C.R. magari aumentandone la capienza e migliorandone le condizioni per garantire una vera prima accoglienza, piuttosto che spendere i fondi dell’Unione Europea per creare nuovi muri e nuovi recinti, come dicevamo prima, fuori da ogni controllo giurisdizionale e legale.
Ribadiamo il nostro giudizio severamente negativo nei confronti delle politiche messe in campo dai due decreti e rimaniamo fortemente contrari alla realizzazione di questi nuovi recinti che non fanno altro che offendere la dignità dei più deboli e di cui continueremo a chiederne l’immediata chiusura.
Nessuno pensi però di approfittare anche della nascita di queste strutture per poter esprimere in liberta quei sentimenti razzisti e fuorvianti lontani mille miglia dalla cultura ospitale del nostro territorio.
Ribadiamo, infine, la necessità che anche nei nostri territori vengano sperimentate nuove politiche di accoglienza, magari tentando di rivitalizzare i piccoli centri del nostro entroterra promuovendo, così come avviene in qualche altra parte di Italia e della nostra Calabria, insediamenti di interi nuclei familiari che potrebbero contribuire ripopolamenti degli stessi oltre che al rilancio di una economia pressocchè scomparsa in quelle aree.