“È Pasqua di rose che torna oggi in uno sfolgorio d’azzurro e di luce. E quanto sole ci prodiga e quale fragranza ci reca e quanta speranza ci torna nei cuori. L’animo, che è rimasto fino ad ieri conquiso dall’amore in Gesù Cristo, nella sua passione e nella morte, si scioglie oggi dal suo patéma, per librarsi nella gioia purissima della Resurrezione. E nella casa di Dio com’è tutto trasmutato oggi. E come penetra questa aria di festa magna dappertutto. E nelle chiese quali addobbi; quale abbigliamento si delinea in ogni altare: quale dovizia di paramenti, quale aureo sfolgorio di pianete; quale meraviglioso scintillio di candelabri. Oh, come ci sentiamo beati oggi, e come è dolce la preghiera a Gesù. Alla messa della glorificazione andiamo tutti col tripudio negli occhi e nel cuore come se s’andasse a Gerusalemme! Il monotono gracidare delle raganelle “tirri tirri” in balia dei ragazzi più indemoniati, ci chiama alla Chiesa grande, alla messa grande. Tutti sfoggiano gli abiti più belli. Le donne le vesti e lo scialletto di seta sgargianti. Ma quello che più impressiona è il clamore febbrile dei monelli che sul sagrato ed in tutta la piazza, s’affaticano a preparare i loro bastoni; i loro bricchi di latta rumorosi; i petardi innocui, le grandi latte sonore pescate chissà dove, e portata ogni cosa lì, dinnanzi la Casa di Dio in attesa che “spari la Gloria”, come essi dicono. La chiesa intanto è già stipata di fedeli che attendono ansiosi il grande avvenimento. Il rito solenne ha inizio mentre l’ansia stringe ogni cuore e la preghiera al Creatore è tutta pervasa di divina luce. E con quale umiltà si ripete “l’orate pro nobis” della litania d’ognissanti, che precede la Resurrezione. Ora il silenzio si va man mano facendo sempre più solenne.
Solo s’ascolta il sacerdote nella grandiosità del dogma evangelico; “Surrexit, non est hic; ecce locus, ubi possuerunt eum”. Gli armigeri che facevano buona guardia sulla tomba del Figliolo di Dio, restano abbacinati da sì straordinario miracolo: “Surrexit enim, sicut dixit!”. Sì, Egli risuscitò per come disse. Oh incomparabile, o divino giubilo…”Osanna, osanna, in excelsis…” Surrexit dominus vere, alleluia”. Sorge ora, sull’altare maggiore,la sacra Effige di Gesù risorto. Alleluia!…Alleluja!… Osanna, osanna, in excelsis… Ed ecco prorompere le campane di tutte le chiese a gloria. Si eleva ora dalla piazza, la romba indiavolata dei monelli: i bastoni battono gagliardi sulle latte sonore e sulle porte del tempio. I cento e cento bricchi di latta vengono ruzzolati rumorosamente, di qua e di là sul selciato. Sparano i petardi. La gioia vibra forte nel cuore dei piccoli calabresi. Non c’è porta che non sia presa d’assalto dai bastoni. Tinniscono i più svariati ordigni esumati per l’occasione; e quanti bussolotti multiformi sono buttati sulla massicciata fra risate clamorose, fra gridi giocondi della nostra fanciullezza. Il clamore assordante raggiunge il suo diapason. I ventri lividi delle campane spasimano agitati il loro canto di gloria. Alleluia!…Alleluja!… Ora i sorrisi beneaugurati s’intrecciano d’amico ad amico. Da congiunto a congiunto. Ci si bacia a vicenda, chè questa è giornata di pura e fraterna letizia. Ed il passato ci ritorna nei cuori: il ricordo del piacere è ricordo; il ricordo del dolore è dolore? Solo il ricordo dell’infanzia, ormai lontana, ci commuove. E si corre fra le pareti domestiche per invocare la benedizione della mamma; per ricevere il bacio della compagna; il sorriso d’ogni cosa che vive con noi. Così è fatto il tuo giorno di Resurrezione, o Divino Gesù. Buona Pasqua, adunque, forte e generoso popolo di Calabria, buona Pasqua! La tua preghiera è quella evangelica: la più ardente, la più devota, la più sentita. Pronunciamola umilmente, oggi, dinnanzi a Cristo Re: “Agnus Dei, qui tollis peccata mundi miserere nobis!”(Alfonso Galasso)