Nel corso degli ultimi decenni l’umanità è andata assumendo il volto di un grande villaggio, dove si sono abbreviate le distanze e si è infittita la rete delle comunicazioni. Lo sviluppo dei moderni mezzi di trasporto va sempre più facilitando gli spostamenti di persone da un Paese all’altro, da un Continente all’altro. Fra le conseguenze di questo rilevante fenomeno sociale c’è la presenza di circa centocinquanta milioni di immigrati sparsi in varie parti della terra. È, questo, un dato che obbliga la società e la comunità a riflettere per rispondere adeguatamente, all’inizio del nuovo millennio, a queste sfide emergenti in un mondo all’interno del quale sono chiamati a convivere, gli uni accanto agli altri, uomini e donne di culture e religioni diverse. Perché tale convivenza si sviluppi in modo pacifico è indispensabile che cadano, tra gli appartenenti ai diversi Stati, le barriere della diffidenza, dei pregiudizi e delle paure, purtroppo ancora esistenti. Il dialogo e la reciproca tolleranza sono richiesti all’interno di ogni Paese tra quanti professano la anche religioni diverse. È il dialogo la via maestra da percorrere e su questa strada. Il vasto e intenso intrecciarsi di fenomeni migratori, che caratterizza la nostra epoca, moltiplica le occasioni per il dialogo. Di questo fenomeno gli italiani sono stati protagonisti del più grande esodo migratorio della storia moderna. Nell’arco di poco più di un secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità. Si tratta di un dato che da solo basta a dare un’idea della vastità del fenomeno. Si trattò di un esodo che, a differenza di quanto si crede comunemente, toccò tutte le regioni italiane, con una priorità dell’esodo settentrionale tra il 1876 e il 1900 con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento del contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli Venezia Giulia (16,1 per cento) e il Piemonte (12,5 per cento). La situazione si capovolse nei due decenni successivi quando il primato migratorio passò alle regioni meridionali con la Sicilia che dette il maggior contributo, 12,8 per cento con 1.126.513 emigranti, seguita dalla Campania con 955.1889 (10,9 per cento).Il fenomeno non si è esaurito. Oggi gli italiani sono ancora al primo posto tra i migranti comunitari (1.185.700 di cui 563.000 in Germania, 252.800 in Francia e 216.000 in Belgio) seguiti da portoghesi, spagnoli e greci. Nel 1994 effettuarono la cancellazione anagrafica per l’estero 59.402 italiani con una prevalenza di partenza dall’Italia meridionale e insulare (57 per cento); e la Sicilia è di nuovo la prima regione con 13.615 cancellazioni. Per dibattere su questo importante tema, che l’Associazione politico culturale Radici in collaborazione con il Comune di Umbriatico e Comites, Comitato degli Italiani all’Estero di Hannover (Germania), hanno organizzato sabato 13 aprile, presso il centro polivalente dell’ex Palazzo Porti di Cirò Marina, un interessante convegno dal titolo “Emigrazione… dal 1861 ad oggi”. Oltre al presidente internazionale dell’associazione Radici, Francesca Gallello e ai sindaci di Umbriatico e Melissa,Cirò e Cirò Marina, quest’ultimo rappresentato dall’assessore Francesco Ferrara, erano presenti autorevoli relatori e istituzioni locali e provinciali, nonché docenti, scrittori e rappresentanti di varie associazioni che da anni si occupano del variegato e complesso mondo dell’emigrazione. Intervenuto anche il Sindaco di Amendolara, Mario Melfi, che ha parlato delle grande “sofferenza” che è stata vissuta dalla sua città, tratto per’altro analoghi a tutti i Comuni presenti all’evento e non solo. La parte più interessante è stato il collegamento via internet, con il Comites di Hannover, guidato da un nostro concittadino, Giuseppe Scigliano di Cirò, che affiancato dal console, ha spiegato il senso le motivazioni e alcune differenze fra lo Stato Italiano e quello Tedesco.
Per Scigliano, i partiti “hanno perso completamente il contatto con le esigenze del popolo che dicono di voler rappresentare e specialmente con chi vive all’estero. I Comites sono in carica dal lontano 2004 e non si intravede nessuna volontà di farli rinnovare decretandone di fatto la morte”. Nessun ricambio dunque e per risparmiare addirittura hanno pensato di far votare, solo per via telematica. Cosa assurda, scandalosa e contro ogni principio di democrazia”, ma ha anche aggiunto che anche sul piano economico la differenza è notevole, laddove ad Hannover dove svolge il lavoro di insegnante, il suo stipendio gli permette di vivere dignitosamente e sostenere la sua famiglia, in Italia, con lo stesso importo non riuscirebbe neanche ad arrivare a metà mese. E qui il riferimento, come ovvio, si collega alla tassazione elevata che in Italia si subisce. Spiegando insieme al console la natura dei Comites, hanno detto che questi sono organi elettivi che rappresentano le esigenze dei cittadini italiani residenti all’estero nei rapporti con gli Uffici consolari, con i quali collaborano per individuare le necessità di natura sociale, culturale e civile della collettività italiana. In ogni circoscrizione consolare ove risiedono almeno tremila cittadini italiani iscritti, è istituito, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, un Comitato degli italiani all’estero (COMITES). Ma “l’emigrazione” è stata anche trattata nei diversi aspetti con gli interventi di Don Gianni Filippelli, segretario particolare del Vescovo di Crotone, Domenico Graziani, che ha parlato del valore della famiglia e della chiesa nel complesso fenomeno, dal Balivo della Calabria, Miceli, dal prof. Francesco Pesce, anch’egli appartenente all’associazione Radici, che ha parlato “dell’internazionalizzazione” del fenomeno, e dal docente e giurista, Cerrelli di Crotone, che dopo avere esordito con la frase “oggi siamo stranieri nel nostro paese in cui sembra imperare una società relativista e in presenza di politeismo etico”, dirottando il tema dell’incontro ha innescato una vivace e forte protesta in sala, introducendo il tema ”delle coppie di fatto”, finendo quindi per “scivolare” fuori tema. Nell’intervento di Francesca Gallello, invece, oltre una velata polemica indirizzata verso l’amministrazione Comunale della città rea sembra di non avere trovato una sede per la sua Associazione, tanto da portarla a trovare istanza positiva a Umbriatico, dove il Sindaco Pasquale Abenante le ha dato ospitalità, ha parlato dell’apertura di un prossimo museo che riguarderà il risorgimento con in prima linea il brigantaggio, fenomeno che andrà rivisitato in tutta la sua “vera verità” e che starebbe a dimostrare che in effetti la questione meridionale non è stata mai veramente affrontata a cominciare da quella storica che andrebbe rivalutata e rivisitata. Quindi una rivisitazione della famiglia di ieri e di oggi nel fenomeno emigratorio che andrebbe rivisitato complessivamente dal 1861 ad oggi.
A margine dell’incontro, registriamo le dichiarazione dell’assessore Francesco Ferrara, che intervenuto per portare i saluti del Sindaco, Roberto Siciliani, impegnato in altri incontri Istituzionali, ha detto: Nonostante gli improrogabili impegni, il Sindaco, ha voluto comunque garantire la presenza sua e dell’Amministrazione in seno ai lavori. Non fosse altro perché sono proprio i Sindaci il filo di una catena che lega tutti a condividere le problematiche dell’emigrazione di ogni città e del territorio nella sua interezza, garantendo servizi, diritti e democrazia”. Si è detto, l’assessore Ferrara in rappresentanza del Sindaco e quindi dell’amministrazione, rammaricato per il poco spazio concesso al suo intervento, rispetto ad altri e e per la poca attenzione al suo ruolo rivolta”.