Il “Vestito Sacro” inteso come “vestito dell’anima”, come abito celebrativo ed evocativo, abito rivelatore di una stabilità di relazioni e di appartenenza. Per preservare il bambino dalle malattie o in seguito ad una miracolosa guarigione, si è sempre usato fargli indossare “l’abito votivo benedetto” del Santo invocato, ed un tempo era consuetudine vedere dei bambini con l’abitino di San Francesco, Sant’Antonio e Sant’Anna. Per onorare il Santo o la Madonna a cui era stata chiesta qualche grazia o per ottemperare ad un voto fatto, ma in moltissimi casi solo per spirito devozionale , molti popolani cucivano e cuciono degli “abiti votivi” che, una volta indossati non toglievano più fino a quando non diventavano logori. Da diverse generazioni, i cristiani hanno utilizzato gli abiti migliori, più belli e meglio confezionati, per partecipare ai vari sacramenti, e in particolare alla celebrazione dei sacramenti del Battesimo, dell’Eucaristia – Prima Comunione ed Eucaristia domenicale – e del Matrimonio. Le motivazioni, i significati e le finalità religiosa che hanno tali abiti sono vari e complementari. Gli abiti festivi esprimono la fede e la devozione di coloro che li hanno commissionati, confezionati e di quanti li indossano. Queste vesti oltre che esprimere, possono anche favorire, alimentare e rafforzare la fede e devozione di tutti i partecipanti alla celebrazione sacramentaria, i quali possono cosi comprendere maggiormente l’importanza della celebrazione anche dal particolare e festivo abbigliamento delle persone. Il vestire di sacro nel Meridione è ancora molto in uso, anzi in questi ultimi decenni si è visto anche un certo incremento dopo un certo calo degli anni ’70 del XX sec..
I momenti più visibili sono i bambini vestiti del santo o Madonna verso i quali i genitori si sentono più devoti, ma non bisogna tralasciare i simulacri vestiti e anche un ricordo agli adulti vestiti di sacro. Per tutte queste motivazioni ed altre, che lo scenografo, Alfonso Calabretta, presidente dell’associazione “Il Volo”, ha voluto programmare, e, sabato scorso, inaugurare una esposizione scenografica ed antropologica dei vestitini del Santo. L’evento culturale, unico nel suo genere è stato esposto al Parroco della Parrocchia di San Cataldo Don Gianni Filippelli che ha subito sposato l’idea rendendosi disponibile ad avviare un’operazione culturale per riscoprire le nostre vere tradizioni religiose legate alla festività, ai riti ed al mito di San Cataldo. Alfonso Calabretta ci ha dichiarato che per la singolare esposizione “Si è creata una rete con tante collaborazioni, principalmente quella dei fedeli che hanno messo a disposizione i vestitini dei vari anni, alcuni risalenti addirittura al 1956, grazie anche alla fattiva collaborazione delle catechiste della chiesa di San Cataldo e ai tanti fedeli che hanno voluto “consegnare” il loro voto, il loro ricordo, la loro preghiera votiva, collaborazioni spontanee e preziose anche perché la mostra è un contenitore che si è riempito materialmente con i vestitini tradizionali. Quindi un’esposizione emozionale dove chiunque è entrato per ammirarla si è trovato o ritrovato, rivivendo momenti gioiosi o momenti cupi di tante famiglie. Una ricerca antropologica delle tradizioni legate al santo. Inaugurata nella giornata di sabato scorso, come dicevamo, ha visto la presenza oltre che dell’ideatore e famiglia, Alfonso Calabretta, di don Nino Terminelli, “archivio storico” delle celebrazioni di San Cataldo, la Commenda di San Francesco d’Assisi dell’ordine dei Cavalieri O.S.M.T.H., con il suo commendatore, Enzo Valente, e tantissimi fedeli. Oltre 65 vestitini, da quelli degli anni 50 fino ai giorni nostri, a testimoniare ognuno, una storia, un ricordo, una devozione, una promessa, una vicenda triste. E’ intervenuta per l’occasione anche la nobilisima Lilian Cabral. Nei prossimi giorni la mostra sarà aperta anche per le scolaresche.