“Cercheremo di agevolare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza dando una soluzione a tutti gli errori burocratici. È importante che questi giovani nati e cresciuti in Italia non si vedano negata la cittadinanza per problemi burocratici”. In particolare, il comunicato di Palazzo Chigi annuncia una misura per favorire la “semplificazione delle procedure di riconoscimento della cittadinanza del figlio nato in Italia da genitori stranieri al compimento della maggiore età , nei casi previsti dalla legge, in modo da evitare che disfunzioni di natura amministrativa o inadempienze da parte di genitori o di ufficiale di Stato civile possano impedire il conseguimento della cittadinanza stessa” – afferma in una nota di Rosario Villirillo, Presidente della Marco Polo. Quindi, “la montagna ha partorito il topolino”, ossia un timido segnale di apertura con alcune misure di semplificazioni delle procedure di riconoscimento della cittadinanza ai neo maggiorenni nati in Italia che, peraltro, queste semplificazioni in realtà in parte sono già previste da una circolare del 2007 dove è detto che “l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, potrà considerarsi non pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 4 comma 2 della legge 91/92, ove vi sia una documentazione atta a dimostrare l’effettiva presenza dello stesso nel nostro Paese nel periodo antecedente la regolarizzazione anagrafica (attestati di vaccinazione, certificati medici in generale etc)” e “se in periodi successivi alla nascita si rilevassero brevi interruzioni nella titolarità del permesso di soggiorno, al fine di favorire la possibilità di dimostrare la permanenza continuativa sul territorio italiano, l’interessato potrà inoltre produrre documentazione integrativa quale certificazione scolastica, come prova dell’effettiva presenza regolare in Italia, medica o altro, che attesti la presenza in Italia”. Come è noto, in Italia, l’ordinamento Giudiziario, è sempre più avanti dei processi governativi, difatti, il Tribunale di Lecce 2° seconda Sezione Civile, in data 11.03.2013, ha ordinato all’Ufficiale di Stato civile del Comune di Lecce di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e comunicazioni nei Registri dello Stato civile del Comune di Lecce la domanda proposta da AM nato a San Pietro Vernotico, (già cittadino Filippino), sussistendo i presupposti di cui all’art. 4, comma 2, L. n. 91 del 1992; Il fatto: il ragazzo si è trovato a sbattere contro il rifiuto dell’Ufficiale dello Stato Civile del Comune, “in quanto, al momento della sua nascita, nessuno dei suoi genitori era residente sul territorio della Repubblica, requisito essenziale previsto dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 22 del 7 novembre 2007 Prot. K 64.2/13″.
Uno schiaffo sonoro. E un rischio gravissimo. Pur essendo il ragazzo nato e cresciuto nel Salento, in una famiglia italiana, di lingua italiana, frequentando parenti ed amici italiani, avrebbe, a quel punto, potuto continuare a vivere qui solo dietro rilascio di un permesso di soggiorno per studio o lavoro. Altrimenti, avrebbe corso il pericolo di essere espatriato in un Paese mai conosciuto, le Filippine. Un’insidia che si ripete pari, pari per almeno 590 mila bambini registrati come stranieri all’anagrafe solo nell’ultimo decennio, cittadini dei paesi di origine dei genitori, forestieri in casa. Perché, è vero, finché si è minori si gode di alcuni diritti, quello di residenza, l’accesso alla salute e al sistema scolastico, ad esempio. Dopo il diciottesimo anno, però, ciò che sembra acquisito decade. Ed è il regresso. Le stringenti norme sul riconoscimento della cittadinanza sono spesso complici del controsenso di chi, da minorenne, è stato di fatto equiparato agli italiani e poi, da maggiorenne, è confinato nel limbo degli immigrati. Ai quali si applicano, tra l’altro, le previsioni della legge Bossi- Fini. E’ la sorte che sarebbe toccata, paradossalmente, anche ad A.M., se la sentenza del Tribunale si fosse limitata alla parole secche della legge, se non avesse saputo navigare dentro norme vecchie e immobili superati dell’evoluzione dei tempi. Ossia siamo nel terzo millennio. Pertanto, per meglio valutare quali siano nel dettaglio le semplificazioni annunciate non resta che. pertanto, attendere il testo definitivo del disegno di legge che sarà approvato in un prossimo Consiglio dei ministri. Comunque, non si può sfuggire ad una modifica ineludibile né può essere ulteriormente ritardato un complessivo ripensamento sulla funzione della cittadinanza, istituto che, se affrontato soltanto in termini nazionali avrà probabilmente sempre minor valore. Perché il tema della cittadinanza per chi nasce nel nostro paese è un tema di civiltà e di responsabilità collettiva che non può essere discusso politicamente in termini di maggioranza. Perché l’appartenenza di ognuno di noi comincia dalla nascita. Perché, come già sostenuto dal sociologo inglese Thomas Marshall, “divenire eguali significa divenire cittadini”.