Facciamo chiarezza come Possibile Calabria, ora che il comitato organizzativo nazionale di par sua l’ha già fatto per quel che è di sua competenza. Perché siamo così: trasparenti e leali con gli elettori, come con noi stessi.
Facciamo chiarezza perché ci pare giusto dire le cose come stanno, senza usare dita o inutili paraventi. Se Possibile è una componente di LeU, questo non è vero nella nostra regione. E non certo per nostra mancanza o perché non abbiamo creduto e lavorato al progetto di Liberi e Uguali ma perché, nostro malgrado, abbiamo dovuto prendere atto che i principi sanciti e le scelte assunte nell’assemblea regionale, che abbiamo tutti insieme tenuto a Lamezia il 9 gennaio, sono stati totalmente disattesi da chi ha inteso egemonizzare il percorso. E gli effetti non si sono fatti attendere, se è vero che da subito il progetto LEU ha perso quanti avrebbero potuto contribuire con entusiasmo alla costruzione di un percorso politico alternativo non solo per il Paese ma che aveva tutte le potenzialità per diventare una base solida per una visione nuova e credibile della Calabria, aperta, plurale, libera e uguale. Ma non a se stessa. Avevamo chiesto ambizione, rottura con lacci e lacciuoli, competenza, innovazione e soprattutto coerenza tra il racconto elettorale e l’impegno concreto.
Invece così non è andata e dalle cronache politiche di questi ultimi giorni è apparso fin troppo evidente. L’assemblea regionale partecipata che aveva deliberato una rosa di nomi di tutte e tre le componenti fondatrici di LeU e di esponenti della c.d. società civile, senza ordine di priorità come da regolamento nazionale, è stata in larga parte disattesa. Piuttosto, si è preferito egemonizzare il processo successivo escludendo completamente Possibile Calabria non solo dalle candidature ma anche da una qualsivoglia discussione e confronto su di esse. Probabilmente perché si era intuito bene che non avremmo mai accettato di far diventare LeU la dépendance del potere regionale che di fatto schiera tra i candidati persone notoriamente vicine al Governatore Mario Oliverio, e di cui, in qualche caso, l’assemblea regionale non ha mai sentito pronunciarne i nomi né indicandoli né assumendone la disponibilità. Quell’assemblea appunto avrebbe dovuto essere sovrana e invece è stata mortificata dalla chiusura di un ceto politico dedito unicamente all’autoconservazione. Abbiamo ritenuto inaccettabile e non conforme al progetto politico questo modus operandi e pertanto deciso di non proseguire, anche quando gli organismi nazionali hanno provato a intervenire per garantire rappresentanza a tutte le componenti. Per noi non era e non sarà mai un problema di collocamento, ma di credibilità e di democrazia.