Se è vero che nelle nostre invocazioni la Madonna, Gesù e i Santi valgono più del Padre Eterno, in quanto la loro natura terrena li rende più percettibili, ancora più vero è che immensamente superiore a tutti i singoli Santi del Paradiso è, per un paese, il Santo che di esso è patrono. San Cataldo è la figura sacra più rappresentativa nel contesto della fede religiosa cirotana al punto di avere provocato, il 10 maggio del 1950, un atto di rapimento della statua che ebbe cassa di risonanza persino sui quotidiani nazionali dell’epoca per il trambusto e per le ripercussioni che ne conseguirono. Fino agli anni cinquanta Cirò e la Marina di Cirò erano un unico Comune e a maggio la festa di San Cataldo veniva celebrata in concomitanza, ma non per il piacere reciproco di organizzare la festa in letizia e fratellanza bensi’ dalla necessità e dalla rivalità esistente tra i due paesi in quanto entrambi vantavano il diritto di proprietà sull’unica statua del Santo, un’antica scultura lignea di autore ignoto, restaurata dopo che un incendio ne aveva compromesso i colori da un pittore dilettante, tale Mezzotero. Era di conoscenza comune che la statua appartenesse a Cirò Marina perchè originariamente dimorava in una chiesetta che verso la fine dell’ Ottocento venne distrutta, insieme alla prima fila delle casette dei pescatori, da una mareggiata, per cui in attesa che il sacro edificio venisse riparato la statua fu trasferita in una cappella a Cirò. Da quell’anno la statua non fece più ritorno a Cirò Marina con comprensibile malumore della popolazione quindi, in cambio i Cirotani fecero si’ che ogni anno il Santo scendesse in processione da Cirò alla Marina per i festeggiamenti in comune: il 9 maggio a Madonna di Mare, il 10 alla Marina e l’11 a Cirò.
I Mercati Saraceni come punto centrale
“Approdava quindi in processione da Cirò ai Mercati Saraceni, che costituivano il punto centrale della fiera ed ove trovava già ad attenderlo una gioiosa confusione generata da uomini, donne, giovani, vecchi e bambini che strillavano, suoni di zampogne, di trombe e pifferi, bancarelle improvvisate con mostaccioli, ricordini, giocattoli, semi abbrustoliti e gassose,”zagareddi e Santu Catavuru”ovvero nastri di raso multicolori da legare al polso come tacita funzione di amuleti da portare a casa ed alberi realizzati su struttura di legno per reggere i “cuddureddi”, ossia ciambelline dolci cotte al forno e ricoperte di glassa da far benedire e poi gustare. Anche qualche lite non mancava mai di scoppiare, generata da “n’attizza liti” che gesticolava e inveiva cercando di fare proseliti per dare battaglia ai Cirotani quando sarebbero scesi insieme alla statua del Santo. Tre colpi di mortaretto annunciavano che San Cataldo aveva lasciato Cirò mentre già dalle prime ore del mattino i carri e le carrette avevano portato dalla Marina intere famiglie, piene di contentezza, che avevano occupato la poca ombra dei frondosi alberi d’ulivo scaricando le varie pietanze, i barili dell’acqua e del vino e le sedie per le persone anziane, senza dimenticare nè la fisarmonica, nè la chitarra battente, nè la corda per l’altalena. All’arrivo del Santo un’ovazione si propagava e saliva in alto lungo le due siepi umane, accogliendo l’ingresso del Santo, circondato dal suono delle zampogne e dal canto delle devote. I bambini, che per voto erano vestiti a sua immagine, venivano alzati per accostarli a Lui. La statua, preceduta dal parroco, dalle autorità e dal comitato che distribuiva figurine, benediceva tutti, sorridente ed impolverato, ma rilucente d’oro, e tra le lacrime di commozione, San Cataldo veniva portato nella chiesetta dove c’era grande ressa di fedeli. Terminate le funzioni la gente cercava l’ombra degli ulivi, dove le donne stendevano le tovaglie su cui mettevano le appetitose pietanze portate nelle ceste. Dopo il pranzo, la tarantella, il vino, i canti, l’altalena e la zampogna ci si apprestava a portare, sudati ed impolverati, il Santo in processione fino alla Marina di Cirò perchè l’indomani la festa si sarebbe svolta in paese. La mattina del 10 maggio, dopo la celebrazione della Messa, ci sarebbe stata la processione del Santo lungo la spiaggia per la tradizionale benedizione delle barche e degli equipaggi. Nel pomeriggio si sarebbe svolta la consueta gara delle barche a remi, seguita dalla vendita all’asta dei voti raccolti, ed al calare della sera la statua sarebbe ritornata a Cirò, dopo essere stata accompagnata dagli abitanti della Marina fino ai piedi della collinetta di Madonna d’Itria, in un ultimo passaggio dalle mani della gente di mare a quelle dei Cirotani, accompagnato come sempre da tafferugli tra le due fazioni opposte dei due paesi. (Tratto dal libro ‘L’identità della Memoria’ del prof. Giuseppe Ferrari).
Il furto
Ma da quell’anno questo copione non sarebbe mai più stato lo stesso, sancendo definitivamente la fine dei festeggiamenti congiunti in quanto la continua competizione era ormai arrivata ai massimi vertici logorando del tutto i rapporti dei due paesi che rivendicavano entrambe il diritto di proprietà su un’unica statua, lasciando sfociare il malumore crescente in un pretesto per crearsi anche un’autonomia di comune indipendente. Tornando al fatidico 10 maggio 1950, dopo le processioni della mattinata, la statua di San Cataldo fu riposta nell’omonima Chiesa Madre della Marina mentre la gente era tornata a casa per il pranzo e la piazza era deserta, eccetto per due giovani di Cirò che sarebbero rimasti a guardia dell’ingresso principale della chiesa, fino al momento in cui la statua sarebbe uscita di nuovo nel pomeriggio, solo che quel giorno San Cataldo prese un’altra direzione. Già dal mattino, tra i devoti della Marina, serpeggiava la voce di un “piano” per trafugare la statua e portarla su una barca in alto mare, piano in cui i pescatori svolsero un ruolo fondamentale e che fu portato a termine a puntino. Un quindicenne dell’epoca di nome Francesco si calò nella chiesa, attraverso le inferriate di una finestrella, apri’ dall’interno la porta Sud e facilitò l’entrata degli altri che dirigendosi verso la statua se la caricarono sulle spalle, portandola sulla barca di proprietà della famiglia del ragazzo, prendendo definitivamente il largo. Intanto in paese si scatenò il finimondo, esercito, gendarmi, le case furono assediate e vigilate dalle guardie che svolsero un’azione repressiva a tal punto che molti marinoti furono prelevati e condotti in carcere.
La statua viene restituita
La situazione era ormai degenerata, sprofondando in un caos che conquistò persino le prime pagine dei giornali nazionali dell’epoca, al punto che dopo cinque giorni si decise di restituire la statua consegnandola al vescovo di Cariati il quale avrebbe avuto l’ingrato compito di prendere una decisione in merito alla faccenda in modo da non scontentare nessuna delle due parti in causa, operazione delicata e difficile, quasi impossibile, considerando il tumulto degli animi ma non ne ebbe nemmeno il tempo in quanto con uno stratagemma degno di una spy-story i Cirotani si ripresero in pompa magna quella che consideravano di fatto la loro statua di San Cataldo, con quello che in effetti fu un raggiro vero e proprio. Essi si presentarono al cospetto del Vescovo di Cariati annunciandosi come delegazione congiunta di cirotani e marinoti a riprova di un accordo ormai raggiunto, ottenendo la restituzione della statua e con tanto di corteo di macchine la riportarono a Cirò, festeggiando la sera con i fuochi d’artificio. Quando il Vescovo scopri’ di essere stato ingannato andò su tutte le furie, informò tempestivamente la gendarmeria di Cirò lanciando un’interdizione sia sulla statua che sulla Cappella di Cirò che custodiva il Santo, con l’ordine di non aprire la chiesa nè togliere la statua sino a nuova disposizione.
La nuova statua per Cirò Marina
Dopo qualche tempo, rimarginate le ferite e pacificati gli animi l’interdizione fu ritirata arrivando alla conclusione che era ora che i Marinoti avessero la loro statua e per mettere definitivamente le cose a posto, dalla vicina Crotone, fu donata, in offerta votiva, una copia della statua contesa. Evidentemente non abituati ad altre sembianze, il nuovo simulacro generò un certo disappunto tra i fedeli, per cui ancora non contenti, parti’ una delegazione per Napoli dove vi era una fabbrica di statue di Santi e dopo ulteriori peripezie, tra cui una certa difficoltà a trovare la statua giusta, il proprietario della fabbrica, innervosito dal fatto che nessuna statua soddisfacesse abbastanza il comitato sbottò: “Ma voi l’avete visto in faccia il vero San Cataldo?”. “No”. “E allora accontentatevi di questa, questo è San Cataldo!”. E cosi’ San Cataldo, che nel VII secolo, pellegrino verso la Terra Santa, fu sorpreso da una tempesta nello Ionio che lo costrinse ad approdare sulla spiaggia di Taranto diventando cosi’ il protettore della gente di mare, dopo tempestose vicissitudini anche la sua statua approdò definitivamente nell’alveo sicuro della Chiesa Madre di Cirò Marina a lui dedicata per rimanervi custodito con amore sino ad ogni appuntamento annuale dell’uscita per la sua grande festa.
Fonti: Tesi di Laurea in Storia delle tradizioni popolari della Prof. Rossella Ianni; ‘L’identità della Memoria – Cirò Marina ‘a ri tempi ‘e na vota’ del Prof. Giuseppe Ferrari.
Preghiera cantata a San Cataldo
Santu Cataviru mju, si’ nu gran santu,
li grazzi chi fa tu su sufficienti.
Sugnu venuta a ti pregari tantu,
famminni jiri ccu ru coru cuntentu.
Tu me l’è fari ccu giusta ragiuna,
Santu Cataviru,mja cunsulaziona.Santu Cataviru benedittu,
si’ lu mantu de l’affritti.
Sugnu venuta u ti pregari,
tu sa grazza mi l’è fari.
Fàmmila prestu e nu tardari,
ca tu si’ santu e m’a pò fari.Santu Catavuru da Tarantu venisti,
de Cirò Marina t’annamurasti.
Sinnicu e protetturi ti facisti,
i chjavi du pajsu ti pijasti.Mmunz’i duj vadduni ti mintisti,
ppe sarivari l’anima ch’i trovasti.
Eccussi’ perduni a nuj, miseri e tristi,
comu nu latruni perdunassi.Santu Cataviru mju,
luminèru ‘e l’anima mja;
ppe ri santi toj pupilli
fammi i grazzi a milli a milli.Santu Cataviru prega
e nessunu ti rinnega;
tu si’ font’e bontà,
fàmmilla a carità.Fammilla prestu, santu miju,
ppe amura ‘e Maria.
Sa grazza ca t’è cercata
unn’è d’esseri negata.
‘Nta su misu, ‘nta sa jurnata,
je voj esseri ‘e tja cunsulata.
Riguardo alle polemiche sulla storia del furto della statua di San Cataldo, che tornano puntualmente a galla ogni qualvolta che qualche lettore de” il Cirotano” la condivide su FB e nonostante siano passati ben quattro anni da quando è stata scritta, devo precisare che non è una storia inventata o immaginata. L’articolo si avvale prevalentemente di alcune testimonianze dirette di chi all’epoca c’era ed i fatti li ha vissuti personalmente come il signore che ha raccontato di aver tenuto nascosto nel proprio retrobottega di Cirò la statua del santo per tutto il tempo in cui fu trafugata. Pesano più i ricordi dei nostri vecchi che le parole di chi oggi parla a vanvera e con spirito polemico; poi che nell’arco dei quasi settant’anni trascorsi dallo svolgimento dei fatti alcuni ricordi si siano potuti sbiadire o confondere è anche comprensibile, ed allora in questo caso tutte le tesi sarebbero attendibili e tutte confutabili. Lei, signor Giuseppe Principe potrà definire il mio articolo un cumulo di idiozie quando sarà riuscito a produrre delle testimonianze attendibili che lo dimostri ma fino a quando non avrà una bella storia diversa o contraria alla mia da sottoporre ai gentili lettori de “il Cirotano” il Suo giudizio rimane un Suo personale ed opinabile pensiero. L’acredine che accompagna queste polemiche è alquanto esagerato e ripetitivo, sarebbe auspicabile passare oltre ed andare avanti.
Ogni anno puntualmente la storia si ripete…. Come ogni lettore può constatare sia l’articolo che le risposte sono ormai vecchie di qualche anno, riprese e ripubblicate di sana pianta. In non mi ero accorto che sul cirotano si era di nuovo pubblicato quel vecchio ridicolo articolo, per questo ieri durante la processione se ne parlava. In breve diciamo che l’articolo è solo una COFANATA o detta più alla Cirotana una COPANATA di idiozie e fesserie. Non parlo delle fonti che raccontano come si svolgeva la bella festa (prof. Ferrari) che infatti si tiene lontano da giudizi personali. Ma come può essere una statua di circa 350/400 anni della marina di Cirò se allora non era altro che un ammasso di paludi e zanzare ? Diciamo che l’antica, miracolosa e originale Statua (che stranamente non è nessuna delle due del ridicolo articolo) si trova ed è di Cirò, punto e basta. E che le belle e preparate Rosamaria Tridico e Rossella Ianni(citata per la fonte) sono di Cirò m. Proprio come la statua…. Cioe nate e cresciute a Cirò, e poi scese ad abitare giù come la maggior parte degli abitanti della bella cittadina sul mar jonio, che infatti ha paro paro tutte le tradizioni, la lingua i cibi insomma tutte le cose Cirotane. Belle e brutte. Per me è un unico paese…. e si può notare alle feste come ai funerali. Ritornando a S. Cataldo ricordo che fino a pochi anni fa la festa Patronale, che è rimasta la più bella da’ marina, é quella della madonna del Carmine.
vedi che ti sbagli,l’unica chiesa che venne distrutta dal mare,fu quella di s, lucia,e non di s,cataldo,ma dove le prendete queste notizie?
Sarebbe bello fare un unica processione, prima per le vie di Cirò e poi scendere a Cirò Marina.
Per quanto “marinota” o “ciromarinese” non mi resta che constatare che Cirò marina nasce da Cirò quindi bisogna evitare qualsiasi tipo di campanilismo. Siamo figli della stessa terra con il solo compito di far progredire e migliorare la nostra realtà. La festa di San Cataldo, per quanto folkloristica, rappresenta una delle massime espressioni di fede del territorio. Deve essere obiettivo comune tramandare e preservare le nostre usanze al fine di arricchire la storia di un popolo… e poi l’8/05/2014 ai Mercati saraceni è stato firmato “l’armistizio” in nome di San Cataldo, credo che in 60 anni la piaga dell’offesa si sia rimarginata … Evviva San Cataldo
Bravo pino, per tutto cio’ che hai scritto….w san cataldo
Ottimo articolo, tesi di laurea stupenda, per come è scritta.. Ma priva di verità nel contenuto. La bellissima ed originale miracolosa statua di San Cataldo di Cirò ha più di 300 anni.. Che cosa c’era 300 anni fa dove ora sorge la bellissima cittadina di Cirò marina oltre a paludi, rane e zanzare? Oggi come oggi, è evidente che Cirò marina, grazie anche ai suoi molti abitanti, celebra degnamente una bella festa di San Cataldo.. Ma fino a pochi anni fa, la più importante festa di Cirò marina, era quella della Madonna del Carmine allora patrona.. Grazie a Mons. Terminelli tutto l’interesse è stato spostato su San Cataldo con l’acquisto della nuova statua (bella si, ma senza il carisma e la storia dell’antica e originale custodita a Cirò) che ha cambiato la festa patronale. Ottime le fonti prese dal libro del Prof. Ferrari.. Altre fonti forse sono state prese dal bruttissimo e menzognero libro di Don Terminelli, che tratta appunto del furto della statua.. Mettendo in copertina addirittura la foto della statua di Cirò marina, come se non potesse avere una foto o un’immaginetta della statua ”protagonista” del fatto. Cirò marina è ”figlia ” di Cirò.. Ne ha preso abitanti, cultura, lingua, tradizioni e tutte le cose positive e negative.. Ma non è riuscita a prendere la statua di San Cataldo.. Quindi tanti anni fa, più per motivi politici che di fede, i ladri del santo furono i marinoti.. Sia perché Cirò era un paese importante e grande e Cirò marina non esisteva, sia per la fiducia dovuta al Vescovo di Cariati di allora e alle indagini dei carabinieri dell’epoca. Proprio in questi giorni, grazie all’interessamento dei due parroci, si cerca di riavvicinare i due paesi nel segno di San Cataldo.. Cerchiamo quindi di evitare polemiche e di pensare a un futuro privo di controversie (viva San Cataldo ).
gli anziani dicono che la storia e diversa da questo articolo scitto sul cirotano ,la verità e questa,la statua di san cataldo apparteneva a cirò e quindi ai cirotani, ed e sata rubata da due pescatori di cirò marina, e poi successivamente il vescovo la data senza nessun inganno ai leggittimi propietari che sono i cirotani di cirò
Complimenti articolo ben fatto
L’impressione è che i fatti siano stati raccontati in maniera veritiera ed equilibrata, senza enfatizzazioni e con stile asciutto. Questo sicuramente giova al giornale ed al giornalismo.
Complimenti ! Si è stufi di leggere – o addirittura di ascoltare al telegiornale – fatti romanzati.