Un caro saluto a voi tutti e anche da parte mia un sentito ringraziamento per la vostra partecipazione.
Consentitemi, inoltre, di rivolgere un caloroso e affettuoso saluto a Mario Oliverio, bentornato Presidente!
So che in questi mesi difficili non hai fatto mai mancare il tuo impegno di governo e di attenzione alla Calabria ed ai calabresi.
Bentornato presidente! Ora mettiamoci al lavoro più di prima.!
Questa sera ci incontriamo perché vogliamo parlare di un tema di particolare rilevanza Costituzionale, oltre che politica, economica e sociale.
Mi riferisco alle proposte formulate da alcune Regioni, con riferimento all’art. 116, comma 3 della Costituzione, che prevede che si possono attribuire alle Regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.
Mi riferisco, cioè, a quella possibilità che generalmente dai mass media viene definita come “Regionalismo differenziato”.
Per capire meglio di che cosa stiamo parlando va ricordato che nella fase conclusiva della precedente legislatura, la XVII, le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, diversamente tra di loro, in forza della norma Costituzionale hanno avviato negoziati con il Governo per arrivare ad un accordo sulla attribuzione di autonomia differenziata su molte materie allo stato di competenza nazionale e, in alcuni casi, materie concorrenti.
La regione Lombardia e quelle Veneta hanno rafforzato la loro pretesa di ottenere più competenze e più risorse attraverso un referendum Popolare che si è svolto nelle due regioni e il cui esito non poteva non essere, ovviamente, un plebiscito che ha toccato percentuali elevatissime.
Per larghe linee è questo il tema sul quale vogliamo confrontarci questa sera per offrire un contributo collocandoci nell’angolo visuale non solo dell’intero Paese, ma anche e soprattutto del Mezzogiorno ed in particolar modo della nostra Regione.
Lo vogliamo fare senza rete, senza preconcetti e in piena libertà.
Lo vogliamo e lo dobbiamo fare, anche perché siamo desiderosi di capire e valutare rischi e pericoli che incombono nei confronti dei nostri territori e nei confronti delle nostre Comunità.
Va detto, inoltre, che questo tema, incredibilmente, ha camminato finora, direi quasi in clandestinità e sotto traccia, limitandosi a circolare tra gli addetti ai lavori e prevalentemente nelle regioni interessate.
In questo quadro di indifferenza e di silenzio, nel frattempo e in questi ultimi mesi, si è sviluppato un serrato negoziato tra le Regioni Lombardia e Veneto e il ministro per gli Affari Regionali Erika Stefani
Curioso, ma anche inquietante particolare, sia la Lombardia che il Veneto sono a guida Leghista, come a conduzione Leghista è il Ministero delle Regioni.
Come dire “che hanno parlato tra di loro”, e solo tra di loro, pattuendo questioni di capitale importanza che riguardano l’Italia intera e hanno effetti disastrosi, soprattutto, nei confronti del Mezzogiorno.
Ritengono, ora, che “il Patto sottoscritto” tra le due regioni ed il Governo, i cui contenuti non sono a conoscenza della opinione pubblica, debba essere approvato dal Parlamento senza discuterlo e senza alcuna possibilità di emendarlo.
Ovvero, Prendere o lasciare!
Questo è il diktat rivolto al Parlamento ed il severo monito rivolto all’intero Paese!
Stanno provando a far passare una vera e propria “Secessione”, camuffandola sotto le mentite spoglie del rafforzamento dell’autonomia regionale, come una semplice ed innocua operazione di riequilibrio di poteri e competenze fra lo Stato ed alcune Regioni.
Come dire che “la secessione” che nei Governi di Centrodestra fu proposta da Umberto Bossi e non passò, ora con una Lega che è diventata partito nazionale, paradossalmente ed incredibilmente, potrebbe ottenere i vantaggi e la sempre auspicata “separazione”, addirittura con i voti e la colpevole complicità di parte dello stesso Sud.
Una “Separazione” che il ricco Nord rivendica nei confronti del povero Sud, povero, perché così voluto dallo stesso Nord.
E’ il ricatto della lega che imporrà ai pentastellati di subire così come hanno fatto finora su tante, troppe questioni di vitale importanza per i Cittadini.
Sull’altro versante, non si può nemmeno essere teneri e non può essere sottaciuto che abbiamo assistito ad un silenzio assordante e colpevole di tutti gli altri protagonisti della vita politica ed Istituzionale del nostro Paese.
Abbiamo osservato stupiti un generale atteggiamento di imbarazzo, e direi di indifferenza, come se la cosa non riguardasse la generalità dei territori e l’intera Comunità nazionale e si sottovalutassero gli effetti disastrosi che si provocherebbero persino sulla unità del nostro Paese.
Solo qualche settimana fa il dibattito ha, finalmente, interessato e coinvolto forze politiche, economiche e sociali ed ha suscitato forti preoccupazione e allarme da parte della stampa nazionale e decise ed autorevoli reazioni da parte di tanti Costituzionalisti e da parte di tantissimi uomini di studio e di cultura.
Il Governo ha rinviato la firma dell’accordo che è stato raggiunto con le Regioni la cui approvazione era prevista nel Consiglio dei Ministri del 15 febbraio scorso per poi essere trasmesso al Parlamento.
A questo proposito solo il Presidente della Camera Roberto Fico ha voluto sottolineare che il Parlamento dovrà dire la propria e non potrà essere silente ed estraneo ad accordi che pregiudicano l’unità del Paese.
Vogliamo credere che questo non sia il solito gioco delle parti, tanto per far trascorrere inutilmente tempo come ormai avviene solitamente su tante importanti problematiche, per, poi, far calare il silenzio sulla questione, magari provocare altre e nuove “distrazioni di massa” in modo tale da narcotizzare l’opinione pubblica e approvare di soppiatto l’indigesto provvedimento di sicuro vantaggio per una parte del nord dell’Italia.
E’ una tecnica ormai ricorrente che vede i Pentastellati agitarsi prima di essere gabbati e puntualmente finire in Cassuola come i polli di Manzoniana memoria e i leghisti ottenere risultati e vantaggi sotto il titolo, la bandiera e il grido: “prima gli italiani……… del LombardoVeneto”.
Si, cari amici, Questa storia dei “Primi”, che viene ripetuta ossessivamente, tutti i santi giorni compreso la domenica, che mette in “classifica e “in ordine gerarchico” l’intera Umanità , tagliata e separata a fette, suddivisa per colori e per odori e, poi, ancora, per religioni e, poi, magari, per diversità di genere, sta diventando, come osserviamo dalle cronache drammatiche di questi giorni, lo slogan orribile e terribile del “sovranismo più estremo” che procura all’ intero genere Umano dolore e sofferenza.
Per questo pensiamo che dividere e separare non è mai cosa buona e giusta.
Noi…… non abbiamo contrarietà ad affrontare, alla pari, il tema dell’autonomia regionale.
Ma dobbiamo essere chiari: il Paese è uno e deve restare Uno e Indivisibile.
Il diritto allo studio, alla salute, al Lavoro, all’ambiente ed alla crescita ed allo sviluppo, devono essere opportunità uguali per tutti gli Italiani ovunque essi risiedono, lavorano, vivono.
Ci sono diritti minimi ed essenziali che devono essere garantiti a tutti prima di parlare di Autonomia e di risorse da trattenere e tutto questo deve svolgersi dentro una cornice di unità di una Italia protagonista e artefice della nuova Europa.
Su queste tematiche, Pensiamo sia giunto il momento di svegliare la coscienza di tutte le persone a cui sta a cuore l’interesse e l’integrità del nostro Paese.
Tutte le persone che ritengono che l’Italia non possa essere sminuzzata in tante piccole parti talmente differenziate in termini di squilibrio tra di loro da suscitare antagonismo e conflitti tanto da compromettere “la cornice unitaria” faticosamente costruita in oltre 150 anni .
La posta in gioco è alta! Troppa alta! Ne va di mezzo non solo il nostro futuro ma il destino dell’Italia intera che verrebbe sacrificato sull’altare dell’egoismo del Nord.
In queste ultime settimane, poi, sia i maggiori Costituzionalisti Italiani, attraverso un apposito documento-appello, sia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno sottolineato che la questione – ovvero l’ipotesi di accordo tra Regioni e Governo – va sottoposta all’esame del Parlamento per discuterne e non invece, semplicemente, per ratificarla.
Per queste ragioni, questo tema non può essere considerato e ritenuto una vicenda ordinaria da trattare con leggerezza, con indifferenza e, magari con superficialità.
Il nostro dovere è quello di svegliare l’interesse, l’attenzione e l’impegno delle classi dirigenti, ad ogni livello, ed in particolare quelle del Mezzogiorno.
L’opinione pubblica deve essere adeguatamente informata e resa consapevole della importanza della posta in gioco e bisogna chiamare a raccolta i cittadini da coinvolgere e renderli protagonisti in una battaglia decisiva per il presente ed il futuro del nostro Paese.
Per questo abbiamo voluto organizzare questa iniziativa che vuole mettere insieme tutte quelle realtà Istituzionali, politiche e sociali che hanno già espresso le loro preoccupazioni ed hanno manifestato la loro disponibilità ad andare oltre l’occasione convegnistica e muoversi in sintonia con i cittadini e nell’interesse delle nostre Comunità.
L’appello è rivolto a tutti quelli, uomini e donne, che hanno autonomia di pensiero e di scelta.
Per questo insieme di ragioni abbiamo voluto titolare questo nostro incontro in modo anche provocatorio e premonitore di un possibile disastro annunciato.
C’era una volta l’Italia … una e indivisibile … come recita l’artt. 5 della Costituzione.
Non è una esagerazione!
Non è nemmeno una preoccupazione infondata e strumentale.
Appare a tutti gli uomini di buona volontà il pericolo quanto mai imminente di vedere non solo tramontare definitivamente e drammaticamente la prospettiva di un rafforzamento dell’Unità D’Italia che da sempre ha rappresentato un impegno d’onere e Costituzionale di tutte le classi dirigenti, se non addirittura constatare l’avanzare impetuoso di una insanabile lacerazione e separazione tra il Nord e il Sud del Paese.
Una divisione tra aree ricche e aree povere e con storico ritardo di sviluppo.
Si affermerebbe e si realizzerebbe così la tanto desiderata “secessione dei ricchi” e il definitivo abbandono delle regioni del Sud ad una strutturale ed immodificabile arretratezza.
La richiesta di alcune regioni del Nord di avere nuove competenze aggiuntive, che vanno dalla sanità, alla Scuola, all’ambiente, alle infrastrutture, etc, parliamo di 23 ulteriori e nuove competenze e delle relative risorse aggiuntive, non potrà che rivelarsi una rottura traumatica di ogni equilibrio perseguito finora per far convivere territori e realtà diverse tra di loro.
In tutti questi decenni solo attraverso questo faticoso, ricercato, equilibrio tra Nord e Sud è stato possibile mantenere i legami di Comunità Nazionale pur di fronte ad un divario che da lunghissimo tempo costituisce una ingiustizia da riparare e non invece da riproporre ed aggravare.
Parliamoci chiaro…………….. questa divisione tra un Nord sempre più ricco ed un Sud sempre più povero ed arretrato non è la conseguenza di un destino avverso ed immodificabile, una sorta di maledizione della storia!
Quanto, piuttosto la conseguenza di uno sviluppo duale che ha generato, voluto e, forse desiderato e, magari, anche, volutamente provocato questa situazione, di uno Stato che in tutti questi anni non ha saputo agire ed operare per impostare una politica di sviluppo per l’intero Paese.
Questa è la storia di questi lunghi anni!
Lo è in modo più esplicito almeno dal dopoguerra ed in tutti gli anni a venire.
Nella fase di ricostruzione dell’Italia uscita sconfitta e distrutta dalla 2^ guerra mondiale; al Nord, lo Stato è intervenuto massicciamente realizzando non solo le infrastrutture di base ma anche tutta una serie di infrastrutture finalizzate e collegate a processi di crescita e di sviluppo.
Ma, lì, al Nord lo Stato ha fatto anche di più! Molto di più!
Non solo ha creato le infrastrutture propedeutiche per lo sviluppo ma ha direttamente investito realizzando un ampio e moderno tessuto manifatturiero, produttivo e dei servizi che è stato la base della attuale forza economica e di una diffusa opulenza.
Vi ricordate l’IRI? (Istituto ricostruzione industriale) e tutto il resto dell’apparato delle cosiddette Partecipazioni Statali ?
Nel sud, invece, lo Stato si è limitato a fare quelle indispensabili infrastrutture di base (acqua, luce, strade, scuole, etc.) non ha mai investito in politiche di sostegno ad un credibile processo di sviluppo produttivo del Mezzogiorno.
Le poche volte che ci ha provato ha solo realizzato le famose “cattedrali nel deserto” e in Calabria, poi, solo pochissime “chiese senza campanile.”
Si dirà, e, in verità si è detto tante e tante volte, in tutti questi decenni, che tutto questo sarebbe colpa delle classi dirigenti del Mezzogiorno.
Credo che questo assunto sia un pezzo ed una parte della verità, però così dicendo a lungo e ripetutamente si rischia di negare ed occultare le innegabili e preminenti responsabilità delle classi dirigenti nazionali.
Certo che ci sono le nostre colpe e sarebbe mendace e sbagliato dire diversamente.
Tuttavia, serenamente, bisogna riconoscere che le principali responsabilità risiedono in uno Stato che da sempre ha mancato ai propri doveri.
Ha mancato nella realizzazione di una politica mirata a ridurre le differenze tra aree e territori.
Una politica protesa a recuperare un equilibrio indispensabile per garantire parità di condizioni e di opportunità fra Nord e Sud in modo tale da rendere più forte ed autorevole l’Italia in Europa e nel mondo.
Per non parlare, poi, della nostra regione, la Calabria, la cui presenza dello Stato imprenditore e motore e fautore di processi di sviluppo è stata occasionale, del tutto provvisoria e limitata a sporadiche e insufficienti interventi più che politiche di sostegno alla crescita e allo sviluppo.
Per quanto ci riguarda ci ritroviamo sempre punto e a capo come lo siamo stati, tante volte, nei decenni passati.
Ci ritroviamo, ancora oggi, con un Sud sempre in attesa, sempre dietro la porta, sempre in istruttoria, sempre sotto esame e mai al centro ed al primo posto delle attenzioni e delle politiche di sviluppo dell’intero Paese.
Un Mezzogiorno messo ancor di più in difficoltà ed in solitudine dalla proposta in campo sul “Regionalismo differenziato” che ancora una volta divide e non unisce, che propone nuovi conflitti che non potranno che lacerare ancor di più il già debole e fragile tessuto democratico, economico e sociale del nostro Paese.
Per tutte queste ragioni non possiamo assentarci dal dibattito nazionale e non possiamo, nemmeno pensare che la cosa non ci riguarda e fare finta di nulla ! Sarebbe, questo atteggiamento, un lasciapassare ai disegni egoistici e separatistici della Lega e delle Regioni del LombardoVeneto.
Non possiamo farlo! Non possiamo consentircelo!
Per questo serve un mezzogiorno protagonista e non assente!
Serve un Sud che ritrova e rilancia le ragioni dello stare insieme ed insieme affronta il tema munendosi di “una Proposta e di un Progetto” che stia dentro una visione comune e che difende e rilancia le prospettive dell’Italia intera .. .. una e indivisibile…appunto…come recita l’art. 5 della Costituzione.
Finora molte regioni del centro e del Sud si sono mosse separatamente e quasi tutte hanno manifestato la propria contrarietà al progetto ed ai propositi dei LombardoVeneti. Dobbiamo essere consapevoli che divisi e separati saremo sconfitti e questa volta il colpo sarebbe letale.
Per questo, sarebbe quanto mai opportuno e quanto mai necessario ed urgente che tutti i Governatori delle regioni Meridionali si incontrassero e definissero una linea comune ed iniziative condivise.
Credo e penso che, a questo punto, bisogna agire insieme, con ordine, con le idee chiare e con proposte alternative e convincenti.
Come tutti voi sapete in politica non basta avere ragione ma serve anche la forza per farla valere.
Per questo bisogna uscire all’aperto, uscire fuori dai luoghi chiusi e avviare un dialogo ed un confronto che possa unire tutte quelle energie inquiete e non inquinate che sono la stragrande maggioranza delle popolazioni del Mezzogiorno ed impegnarle in questa battaglia per il Sud e per l’Italia intera.
Per quanto mi riguarda e per quanto ci riguarda come movimenti territoriali, civici e politici non ci limiteremo a questo incontro, qui a Crotone, ma nei prossimi giorni organizzeremo altre ed appropriate iniziative a Catanzaro, come a Lamezia, e in tante altre città in tutta la regione e mi piacerebbe che questo avvenisse in raccordo e in concertazione tra tutti noi.
Mai come in questo momento e su una tematica di capitale importanza siamo chiamati ad agire con il massimo di impegno e di unità.
Sono convinta che così facendo possiamo esprimere quella forza necessaria per far valere le nostre ragioni nell’interesse della Calabria intera e di tutti i Calabresi.
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