Nel decimo anno dalla scomparsa di Don Gennaro Cosentino (era il 13 marzo del 2005), la comunità torrettana ha voluto ricordarlo con una Messa Solenne, celebrata da S.E. Mons. Domenico Graziani, arcivescovo della Diocesi di Crotone – Santa Severina, ed animata da un gruppo di ex chierichetti ex azione cattolica la cui gioventù è sempre rimasta indelebilmente legata agli anni di sacerdozio forse più belli e costruttivi dell’indimenticato parroco locale.
La funzione si è svolta giovedì pomeriggio, nonostante un violento temporale che in quelle ore si abbatteva sul nostro territorio, in una Chiesa Madre gremita di fedeli ed alla presenza delle rappresentanze della locale stazione dei Carabinieri, della Polizia Municipale e municipali, tra cui il primo cittadino, Domenico Vulcano e il vice sindaco Rita Garreffa, nonché di varie associazioni cittadine.
A fianco di Mons. Graziani, oltre ad alcuni sacerdoti della provincia, il parroco di Torretta, Don Antonio Salimbeni, per il quale il vescovo stesso ha annunciato di “avere accolto la sua richiesta di un anno sabbatico da trascorrere in altra sede”, e don Franco Lonetti, che già anni fa aveva curato per alcuni mesi il Santuario di Manipuglia e che oggi ritorna proprio per guidare la parrocchia cittadina.
E poi loro, Gabriele Marino, Salvatore Straface, Pasquale Turco, Pietro Panza, Luigi Aiello, Francesca Caligiuri, Claudia Ciccopiedi, Francesca Greco, Michelangelo Greco, Pino Sanfelice, Egidio Romano, oggi stimati cinquantenni (chi più, chi meno, la media è quella) cresciuti frequentando i pur angusti locali parrocchiali della chiesetta di San Francesco, sotto la guida preziosa e gli insegnamenti di Don Gennaro. Amici di vecchia data, diventati apprezzati avvocati, medici, tecnici, militari, impiegati, che hanno voluto esserci con entusiasmo e quel pizzico di commozione innegabile nel ricorso di una figura religiosa tutta torrettana e vissuta interamente, per mezzo secolo, nella propria comunità natia.
Una comunità che oggi, come ha detto la signora Maria Caruso nel suo intervento di apertura in rappresentanza del Gruppo di Preghiera Padre Pio ed a nome di tutta la cittadinanza, vuole sentirsi più unita “proprio nel nome di Don Gennaro che durante il suo mandato sacerdotale ha saputo accettare la grande responsabilità religiosa in un paese eterogeneo e in formazione, in una chiesa poco più grande di una semplice cappella.”
Una chiesetta nella quale sono cresciute intere generazioni, celebrati battesimi e matrimoni, e accompagnati con la preghiera e l’umanità di Don Gennaro i nostri defunti.
Un ringraziamento particolare, la signora Caruso, l’ha poi rivolto a Don Antonio “che molto si è prodigato, riuscendoci l’anno scorso, affinché le spoglie di Don Gennaro fossero riposte nella Chiesa Madre che egli volle intensamente”
Poi, come dicevamo, Mons. Graziani ha celebrato la Santa Messa, con una interessante omelia incentrata sul significato e l’importanza della fede in Dio, ed al temine delle funzioni di rito non poteva mancare il saluto da parte dei “ragazzi” di trent’anni fa, a nome dei quali ha parlato Egidio Romano, esordendo con un simpatico “Bene Don Gennà, eccoci qua! Tu ci hai chiamati e noi siamo venuti. Come abbiamo sempre fatto, siamo quasi tutti, ancora uniti nel tuo nome come da quasi 40 anni a questa parte.”
“Sono passati 10 anni da quando ci hai giocato lo scherzo di andartene senza avvisarci, – ha proseguito – ma noi questo particolare non l’abbiamo mai considerato seriamente. Il tempo in questo senso per noi è assai relativo. I tuoi ragazzi sono un po’ meno ragazzi; forse qualche capello in meno, le signore hanno qualche ruga di espressione, ma il nostro legame è sempre lo stesso. Tutto sommato siamo venuti su abbastanza bene e il merito di questo è anche tuo.”
Poi Romano ha parlato di uno degli aspetti più importanti della pastorale di Don Gennaro, il ricordo delle proprie origini, l’origine comune nella fede: “Ognuno di noi ha intrapreso strade diverse, professioni e mestieri diversi, ci siamo trovati a volte in contrapposizione per le nostre idee, ma non abbiamo mai perso di vista le nostre origini. Noi viviamo ancora oggi con la consapevolezza di essere cresciuti in un ambiente speciale, reso tale non solo per merito delle nostre famiglie, dei nostri insegnanti, ma anche e soprattutto per merito tuo. Nulla è riuscito a dividerci in questi anni, perché tu lo sai, Don Gennà, noi siamo cresciuti a pane, scuola e sacrestia!”
E nei ricordi snocciolati via via da Romano, la partenza era proprio quella piccola (“brutta”) ma accogliente sacrestia di San Pietro, quasi un rifugio per quei ragazzi, dove nonostante i muri “scorciulati” si faceva catechismo e religione, cisi confrontava sulla fede, si entrava bambini e si usciva padri di famiglia, si parlava di Dio seriamente, e loro facevano persino a gara per servire la Messa o magari leggere le letture alla domenica. C’era persino chi teneva il conto dei turni mensili!
“E tu sempre dietro di noi – ha proseguito Romano – a sentire, ad ascoltare, a volte in silenzio, a volta correggendoci quando le nostre idee erano poco ortodosse rispetto ai tuoi insegnamenti sulla fede.”
Ma una cosa non dimenticheranno mai quegli ex ragazzi del catechismo: Don Gennaro era sempre lì a difendersi ed a proteggerli, in ogni circostanza, in ogni luogo, anche quando loro andavano controcorrente (cioè quasi sempre): “A volte anche – conclude l’intervento di Romano – quando per fierezza intellettuale non eravamo proprio completamente difendibili. Poiché in noi non c’è mai stata malafede, mai protagonismo fine a se stesso e senza sostanza. E questo tu lo sapevi.”
E giovedì sera quegli amici erano lì a respirare l’aria di una sacrestia, seppure in una Chiesa che non è quella della loro gioventù, ma con la loro unione (e con l’amato sacerdote al fianco) il sapore era lo stesso.
Poi la commozione compare visibile sui loro volti quando Pasquale si porta a posare una corona sulla tomba che custodisce le spoglie di Don Gennaro, in quella chiesa che riuscì a realizzare dopo decenni di impegni e che però condivise solo per pochi mesi.
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