“Sarebbe facile chiosare con un semplicistico: “La Cgil di Crotone l’aveva detto!”, quando, cioè, ci opponemmo alla riapertura del C.I.E. di Sant’Anna in quanto onta per il sistema dell’accoglienza territoriale ai migranti, perché luogo generatore di violenza, insicurezza ed esclusione, perché strutturalmente incapace di garantire il rispetto della dignità e dei diritti della persona, oltre che inefficace, inutile e costoso. E così la sentenza n. 1410 del 12.12.12 (data profetica!), con cui il giudice Edoardo D’Ambrosio del Tribunale di Crotone ha assolto tre stranieri trattenuti nel C.I.E. di Sant’Anna, ci permette di riaprire la discussione, con una nuova luce e rinnovato slancio, sulla legittimità dei C.I.E. e, per esteso, sull’impianto normativo e sul sistema di gestione dell’immigrazione irregolare in Italia. Come più volte da noi denunciato i C.I.E. sono un’aberrazione giuridica che punisce il migrante non perché abbia ucciso, rubato, evaso, ma solo perché non in regola con il permesso di soggiorno, perché gli è scaduto o non l’ha mai avuto. E’ per queste ragioni che la detenzione amministrativa diventa meramente afflittiva e generatrice di disorientamento ed annullamento di sé, di rabbia e violenza, di rivendicazione e rivolta. E questo principio trova sostanza giuridica nella sentenza. La sentenza è importante perché, finalmente, problematizza la stessa presenza ed efficacia dei C.I.E., perché getta uno sguardo – pressoché antitetico rispetto alle immagini istituzionali e mediatiche consolidate – sulle reali condizioni di vita che nei centri si consumano; perchè riporta a giusto significato il concetto che la vita, la dignità umana, i diritti sono un bene supremo che non può essere violato o sottoposto a discrezionalità amministrativa; perché mette in discussione quelle stesse prassi amministrative che, sovente, si discostano (violandole) dalle norme comunitarie, dal dettato costituzionale e dalle convenzioni internazionali.
La storia di Haza, Abdelghani, Ali è la storia di tanti migranti che hanno visto amputato il loro percorso di inserimento stabile, onesto e “normale” nella società italiana. Un percorso che rimane marginalizzante e criminogeno se non sei in possesso dei documenti di soggiorno. E’ per questo che il provvedimento del giudice ripropone interrogativi per i quali, come Cgil di Crotone, ci siamo sempre battuti, aderendo per queste ragioni alla Campagna Nazionale “LaciateCIEntrare”: è giusto limitare la libertà personale di soggetti che non hanno commesso reati penali? E’ giusto continuare a mantenere strutture inefficaci, fallimentari, costose e, soprattutto, degradate, al limite della vivibilità, in cui, con estrema frequenza, si verificano sistematiche violazioni dei diritti umani, in cui si perpetua se non un razzismo, un accanimento istituzionale che sembra giustificare soprusi ed inadeguatezze logistiche proprio perché strutture destinate a ricevere stranieri? Questo nuovo e qualificante evento diventa l’ulteriore occasione per ribadire l’immediata chiusura del C.I.E. di Sant’Anna, auspicando una futura programmazione normativa che postuli il superamento di queste inaccettabili strutture di detenzione amministrativa, in quanto lesive della dignità umana e sostanzialmente inefficaci rispetto alle finalità per le quali sono state create. Nelle more dei necessari adempimenti burocratici di chiusura, stante anche le risultanze ispettive dello stesso giudice che valuta le condizioni del Centro “come al limite della decenza e lesive della dignità umana”, come Cgil di Crotone chiediamo la costituzione di un Tavolo interistituzionale per il monitoraggio delle condizioni di permanenza degli stranieri presso il C.I.E. di Sant’Anna, nonché sulla qualità dei servizi erogati. Tutto ciò in un’ottica di rispetto dei diritti umani e di sicurezza per l’incolumità degli stranieri e degli operatori e forze dell’ordine che nel C.I.E. prestano servizio. Auspichiamo, infine, che i temi della accoglienza, del rispetto dei diritti dei migranti e della riqualificazione del sistema normativo sulla materia, a partire dall’abolizione della legge Bossi–Fini, trovino spazio, ad ogni livello, nel dibattito elettorale ed impegno programmatico delle forze democratiche impegnate nella competizione elettorale”.