La pesante sconfitta elettorale del quattro marzo scorso continua ad essere oggetto di discussione anche nel Pd crotonese per cercare di focalizzare la strategia da mettere in atto affinché inverta la rotta delle continue sconfitte a partire dalle prossime elezioni in alcuni comuni (cinque per l’esattezza) del territorio. Ma il vero oggetto del contendere è stato l’accordo con “I Demokratici” di Enzo Sculco, che alcuni dirigenti provinciali del Pd vorrebbero che si concretasse, ed altri che, invece, lo escludono a priore. L’analisi sui motivi della disfatta politica ha trovato tutti concordi in primis il segretario provinciale Gino Murgi: “voto antisistema, campagna elettorale fatta sulle emotività dei cittadini quali sicurezza, disoccupazione, servizi, reddito di cittadinanza, immigrazione; argomenti che il Pd, a detta di chi è intervenuto al dibattito, non ha saputo controbattere. Il segretario Gino Murgi ha anche sottolineato le continue divisioni del partito da più anni e di fronte a ciò ha dichiarato che non è più disposto a vedere un partito sempre diviso ed ha esortato a mettere da parte le varie correnti per iniziare un nuovo percorso. “Nessun accordo politico in futuro – ha successivamente dichiarato Murgi – con I Demokratici, l’intesa a proposito della candidatura unitaria sul nome di Ugo Pugliese, Sindaco di Crotone, è un atto di responsabilità istituzionale che non avrà nessun seguito dal versante politico”. Quanto affermato dal segretario Gino Murgi ha tranquillizzato l’ex Sindaco di Crotone, Peppino Vallone, contrario ad un’alleanza politica con il Movimento di Enzo Sculco. Solitamente si afferma che due prove formano un indizio, anche l’approvazione del bilancio di previsione del Comune di Crotone avvenuto con il voto favorevole dei consiglieri del Pd e l’accordo sul nome di Ugo Pugliese quale candidato presidente della provincia, potrebbero rappresentare l’inizio di un percorso unitario tra Pd e Demokratici.
Di seguito l’intervento del Presidente del Pd provinciale Mario Galea:
“Va detto in premessa che non è mia intenzione accodarmi ai tanti che, interessatamente o meno, nell’analizzare il voto del 4 marzo, hanno attribuito la gravissima sconfitta elettorale ad unico capro espiatorio, così semplificando al massimo la riflessione sulle sue cause.
La storica sconfitta che ha investito la sinistra nel suo complesso sta a dimostrarci che si tratta di cause la cui natura affonda in radici ben più profonde di quanto si possa a primo acchito immaginare. La verità è che, come è stato rilevato da più parti, il nostro Partito, da un certo momento in poi, non è riuscito più ad intercettare i bisogni, le paure e il malessere della propria gente, spegnendo così gradualmente quella capacità d’iniziativa, di comprensione e di dialogo con i ceti sociali più disagiati, che da sempre ha contraddistinto il modo nostro di fare politica.
Se poi a questo si aggiungono, da un lato i profondi cambiamenti intervenuti nella società e nella cultura durante gli ultimi anni, come – tanto per fare qualche esempio – l’incidenza sempre più diffusa del web nella competizione politica e le profonde trasformazioni avvenute negli ultimi tempi nel mondo del lavoro con la conseguente nascita di tanti lavori nuovi e la correlativa fine di tanti altri, e se si aggiunge, dall’altro, il fatto che, per l’assoluta cecità e per la politica egoistica di gran parte dei paesi europei, della questione migranti si è dovuto fare carico da sola l’Italia e che sulla stessa è stato effettuato un continuo martellamento, specie da parte delle televisioni berlusconiane, che hanno addossato le colpe di questo esodo biblico solo ed unicamente sul Pd, si comprende che sono stati vari i fattori da cui ha avuto origine la batosta elettorale, la quale – e ciò va detto a chiare lettere – è figlia anche delle divisioni interne al nostro Partito, che hanno finito con l’indebolirne la credibilità e la compattezza: non è stato certo esaltante lo spettacolo che è stato offerto agli occhi del Paese nei talk show televisivi, in cui noti esponenti politici non hanno fatto altro che parlare male del loro stesso partito.
Anche qui nella nostra realtà sono state offerte prove di tutt’altro, meno che di unità e di compattezza. E, oltretutto, il PD crotonese ha pagato – è inutile nascondercelo – lo scotto di dieci anni di costante logoramento e di divisioni che si sono inevitabilmente riverberate sulla stessa azione amministrativa, compromettendone gravemente l’operato, e se ne sono visti i risultati nella netta e clamorosa vittoria dell’attuale compagine amministrativa. Ora ci troviamo di fronte ad una sfida ineludibile che mette a dura prova la nostra capacità di cambiamento. Ciascuno di noi deve mettere da parte le proprie ambizioni personali e pensare ad impiegare le sue risorse per risollevare le tristi sorti del partito. Né si può pensare di poter affrontare questa difficile sfida da soli. Bisogna aprirsi ad alleanze e, come andavo dicendo già da prima del referendum, dobbiamo pensare a ricostituire il centrosinistra, così abbandonando la supposizione di essere autosufficienti.
Come non tener presente che il prossimo 10 giugno si voterà in 5 Comuni della nostra Provincia e che, pertanto, occorre, mettere in sicurezza detti Comuni, per evitare che essi cadano in mano alle forze populiste che, come è ormai già ampiamente noto, continuando a cavalcare la corrente anti casta, in campagna elettorale sono abituati ad incantare l’elettorato con promesse tanto mirabolanti, quanto irrealizzabili.
Ma, come è noto, ci attendono altri più importanti appuntamenti elettorali, ai quali bisogna prepararsi attrezzandosi quanto più adeguatamente e cercando di costruire da subito le alleanze assolutamente necessarie non attraverso somme numeriche, ma attraverso forti e significative convergenze programmatiche che devono nascere dal basso mediante un ricco e franco dibattito.
Se si vuole che il nostro partito conti di più e non debba soggiacere a logiche e diktat decisi dall’alto, esso deve, in primo luogo, esprimere propositività ed esercitare autonomia decisionale, nel senso che sulle più importanti questioni deve saper democraticamente giungere, attraverso un confronto serrato e un ampio dibattito, a posizioni chiare e nette, le quali, una volta votate, devono essere sistematicamente fatte proprie sia dalla maggioranza che dalla minoranza, così da non offrire, come avviene a livello nazionale, l’indecoroso spettacolo di un partito in continua rissa tra l’una e l’altra corrente.
In altre parole, il PD crotonese deve dare di sèl’immagine di un partito saldamente coeso e autenticamente unito.
Se la posta in gioco è la sopravvivenza futura del partito, si deve lavorare per la sua rinascita, mettendo da parte, una volta per tutte, le divisioni, i personalismi e il sistema correntizio, tutte cose che – a ben considerare – non fanno parte della sua storia più gloriosa.
Per far contare di più il partito a livello locale, occorre, in secondo luogo, che esso si mostri più incisivo, determinato e unito nel difendere il proprio operato e i propri deliberati di fronte agli organismi di livello sia regionale che nazionale. Anzi deve portare le proprie proposte organizzative e politiche nel seno stesso di detti organismi, così da dimostrare di avere una classe dirigente all’altezza dei suoi compiti.
Occorre, altresì, completare gli organismi sia a livello provinciale che a livello cittadino e partire dalla costituzione di un vero e proprio Laboratorio politico, all’interno del quale siano elaborate vere politiche di sinistra al cui centro siano posti la persona umana, le sue istanze fondamentali e i suoi reali bisogni. Solo così, il nostro partito potrà guadagnarsi un po’ della credibilità perduta e trasformarsi in un efficiente “Centro di ascolto”.
Al centro della nostra attenzione va posta, inoltre, la Questione morale, su cui ormai da tempo è in atto una dura battaglia proprio con il M5S che, da questo punto di vista, ci ha assimilati alle forze politiche più retrive e corrotte della storia d’Italia e che della stessa ne ha fatto la sua principale bandiera. Non si può certo ignorare il fatto che alcuni Comuni governati dal centrosinistra sono stati commissariati, il che indubbiamente contribuisce non poco a deturpare l’immagine della Sinistra, che fino a qualche tempo fa proprio sulla moralità fondava la propria diversità rispetto alle altre forze politiche.
La sfida che ci attende è fatta, dunque, di un insieme di sfide, l’una più impegnativa dell’altra, che non possiamo certo permetterci più d’ignorare e sulle quali bisogna da subito mettersi a lavorare, se non vogliano che, come sperano ardentemente i nostri detrattori e i nostri principali avversari politici, si giunga all’estinzione del nostro