“Carlo Turano: democratico e socialista”. Se n’è parlato, nei giorni scorsi, nella sala consiliare del municipio di Crotone, in un qualificato incontro organizzato dall’Upmed (Università popolare mediterranea) del presidente Maurizio Mesoraca. Il seminario di studi, sviluppatosi con interesse e coinvolgimento dei presenti, ha preso lo spunto di riflessione dal saggio sul Turano scritto dal giovane storico crotonese Christian Calmieri ed edito dalla Pellegrini di Cosenza nell’aprile 2006 nell’ambito de “ I Quaderni del Giornale di Storia Contemporanea”,collana diretta da F.Cordova. Qui, come scrive in premessa Palmieri, “l’opera e la figura di Carlo Turano prendono forma all’interno di quella realtà propria crotonese di forte conflittualità sociale che si venne acutizzando sin dalla formazione dello Stato unitario e che ebbe i suoi maggiori riflessi negli anni a cavallo fra i due secoli XIX e XX e, soprattutto, in quel periodo che alcuni studiosi hanno individuato col nome di ‘grande depressione’.” Il lavoro del Palmieri non vuole essere celebrativo, piuttosto si candida come soggetto davvero didattico nel senso di far cogliere gli eventi nella loro peculiarità che è quella di indicare al politico di oggi e nostrano impegnato nell’opera di ricostruzione del Sud possibili tracce di orientamento. Non può non essere che questo l’obiettivo del giovane saggista crotonese.. Perché ricordare Carlo Turano? Prima ancora della sua biografia ce lo dice in maniera chiara un manifesto dallo stesso firmato per la campagna elettorale delle Elezioni Politiche nel Collegio di Cotrone del 1897. Leggiamolo insieme ed integralmente chè non tedierà certamente il lettore.. “Batte sull’uscio, per tutti, la miseria. Una minuscola minoranza d’uomini per interessi egoistici si è costituitain classe per tenervi soggetti, impotenti, e meglio sfruttarvi. Ogni potere pubblico è nelle loro mani quale mezzo di asservimento. Si semina corruzione a piene mani per precludere alle vostre coscienze qualunque percezione di diritto. Il vostro sangue, il vostro onore, il vostro corpo, è null’altro per essi che strumento creatore di benessere. Voi certo desiderate dei miglioramenti: basta crederli attuabili, come tutti li credete: basta capire che essi non potranno venirvi concessi spontaneamente dalle classi sovrastanti senza lotta; che nessuna lotta si vince senza forza, che nessuna forza si consegue senza accordo. Tralasciate le piccole animosità, smussate qualche divergenza fra voi, valutate invece com’è smisurata la folla a cui siete mischiati, quale potenza essa può esercitare se cosciente, compatta. Nel prossimo giorno, nel quale confiderete il vostro avvenire e quello dei vostri figliuoli, nelle mani dell’eligendo deputato, riflettete sull’uomo a cui affidate sì importante mandato.” È questo il biglietto di presentazione del libro e del personaggio e bene ha fatto Palmieri a riproporcelo. Chissà che qualche politicuccio dell’ultima ora, nel leggerlo, non abbia a pentirsi di un percorso non proprio orientato al bene comune! E non solo. Anche il cittadino, l’elettore avrà tanto da carpire e capire. Del resto ogni buon libro vuole essere un monito e questo lo è e di questi tempi ce n’è tanto bisogno. Entrando nel cuore del libro, già dalle prime pagine emerge un non nutrito ma prestigioso gruppo di personaggi politici che hanno animato la vita e la cultura di “Cotrone in età giolittiana”. Personaggi che scendono in campo, come si direbbe oggi, con le elezioni del 1861 per la formazione del nuovo Parlamento post Unità. Sono figure di lustro che hanno segnato il cammino del “democratico Carlo Turano che pur seppe emergere nella vita socio-politica cittadina e regionale con lo studio appassionato dei grandi problemi che premevano, con il dialogo e con l’esempio costanti. Saggio amministratore della cosa pubblica e maestro di vita, la memoria lo riconosce pure quale iniziatore della tradizione socialista crotonese”, scrive Palmieri. Quindi, prima del Turano, aprono le danze, dando voce alle masse operaie e contadine, chi più chi meno, e aprendo la fase storica della “frattura in seno alla dirigenza politica cittadina” in un contesto sociale tutto all’insegna del latifondismo: Giovanni Barracco, Gaetano Cosentini e Raffaele Lucente. Il primo, esponente dell’omonima famiglia dagli estesi possedimenti terrieri e certamente poco incline a far parlare la classe operaia e contadina che cominciava, in punta di piedi, ad accostarsi al Partito Socialista, fu candidato, appunto, a quelle elezioni. Il Barracco lo si può, a distanza di tanto tempo, ancora marchiare come “padrone” di un latifondo esteso per trentamila ettari dalla marina di Capo Rizzuto sino all’altopiano silano e nemico giurato del progresso popolare contadino e bracciantile? Qualcuno, come la polacca Marta Petrusewicz che ne ha curato un’interessante ricerca, giura di no.
Questa, infatti, scrive che il latifondo dei Barracco, ma anche di altri, non fu per nulla un “ammasso indiscriminato di terre mal sfruttate” piuttosto “una struttura organica e razionale con due qualità fondamentali che ne assicuravano la stabilità: l’efficienza economica ed il garantismo sociale”; però non si può sottacere che per larghi tratti si era in presenza di un latifondo assenteista che dominava la scena e “da ciò si determinavano il nuovo fenomeno dell’emigrazione e la desertificazione delle campagne, quindi i ‘quotidiani fallimenti degli industriali agricoli e dei piccoli proprietari’.” Insomma c’è da continuare ad indagare e non sarebbe male andare a leggersi il libro della polacca citato anche dal Palmieri fra le note. Il secondo personaggio è il “democratico” Gaetano Cosentini , “giovane di poca o nessuna fortuna, ma colto onesto e liberale” come lo definì quel Padula prete irrequieto di Acri, è stato un politico dall’attivismo indomito e “tra gli iniziatori della tradizione democratica”; deputato nel 1867 e confermato nel 1870, è stato membro del Comitato di sicurezza nel ‘48 e sindaco di Crotone nel periodo nero e ultimo dei Borboni. Il terzo, il chirurgo Raffaele Lucente sindaco dal 1867 e, per un breve e sfortunato lasso di tempo, deputato al Parlamento nel 1880, nonché promotore ed attivista della Società operaia di mutuo soccorso, è stato colui che ha realizzato “la grande opera di risanamento edilizio” della città pitagorica e punto di riferimento per i tanti giovani che più avanti andranno “all’assalto della rocca secolare di una oligarchia plutocratica che al popolo negava persino la salute dello spirito e del corpo, la scuola e l’acqua”, come accoratamente disse Carlo Turano durante una seduta straordinaria del consiglio comunale del 9 agosto 1919. Turano è nato a Crotone nel 1864. Anche se un suo discendente, il cultore storico Sergio Turano lo vuole nativo di Montalto come ho ricavato da un vecchio giornale. Compiuti gli studi superiori a Reggio Calabria e quelli di Giurisprudenza a Napoli, nel 1889 consegue l’idoneità notarile; in questo stesso anno eletto per la prima volta consigliere comunale e il 2 novembre, sindaco della città pitagorica, inaugura il suo eccellente itinerario di primo cittadino con un discorso di ampio respiro e di vivace moralità. Leggiamolo: “[…] Il principio informatore d’un governo[…]a base democratica dev’essere il ricercare ed attuare il bene dei più col minor sacrificio possibile degli altri.[…]nell’amministrazione di un Comune, quando tutti gli atti ed i provvedimenti ad essa si saranno informati, i preposti avranno bene assolto il loro compito e conseguito l’ideale democratico. Da codesto principio non ci allontaneremo un solo istante…” Per cui, scrive Palmieri, “ l’operato di Turano si sposava sin da subito con la causa dei meno abbienti, dei lavoratori delle officine e dei campi calabresi, mettendo in pratica quei principi di democrazia e di progresso pei quali i nostri nomi trionfarono dall’urna con il solo intento di animare-produrre il vantaggio del paese coi mezzi e con le forze che ad ognuno è dato adoperare.” Nel luglio 1891 iniziava la pubblicazione del settimanale Il Popolo di ispirazione socialista, dal Turano fondato e diretto, che diveniva l’organo del neonato (1896) Gruppo socialista elettorale aderente alla Federazione socialista calabrese costituitasi al primo Congresso regionale di Palmi. Tra le prime iniziative intraprese da ricordare l’istituzione di una Scuola operaia. Nel 1897 candidato al Parlamento per sfidare “la forza di un potere economico-terriero”nella persona dell’uscente Alfonso Lucifero; non venne eletto ma accompagnato da una valanga di stima per quel 20% di voti ottenuti. Con l’avvio del nuovo secolo il Turano si rende protagonista dell’istituzione del Corso di lavoro manuale educativo per giovani d’ambo i sessi; promotore, assieme a Nicola Sculco, dell’iter preparatorio all’apertura di un museo archeologico, e come atto propedeutico l’ottenimento del R.D. n° 207 del 22 luglio 1906 col quale l’area archeologica di Capo Colonna veniva dichiarata “monumento nazionale”; realizzatore di una rete idrica con acquedotto, “sfruttando la legge per il risanamento delle condizioni economico-sanitarie e sociali volute dall’allora presidente del Consiglio Giovanni Giolitti”; e tante, tante altre opere. E poi la Grande Guerra e gli anni della forte conflittualità tra i movimenti socialisti, cattolici, massoni e fascisti, una società anche quella crotonese quasi dilaniata. Il tutto puntigliosamente e doviziosamente indagato dal Palmieri che ci addentra facile facile in un periodo storico davvero difficile. Lo spazio, purtroppo, è tiranno, per cui occorre lasciare al lettore il piacere, la curiosità e l’interesse di conoscere e approfondire il Carlo Turano uomo e il suo tempo. Al postutto, il prezioso lavoro di Cristian Palmieri, corredato da una ricca galleria di documenti, attestati, foto e lettere tratte dall’album di famiglia che bene esplicitano l’indubbia e proba attività del Turano, merita di essere divulgato e digerito in quanto, modestamente, lo stesso autore ce lo porge oltre che creatura “senza alcuna pretesa”, frutto di una “sincera curiosità storica” che però, e non è davvero poco, “ vuole riportare alla luce e dare nuovamente la parola al democratico Carlo Turano.”