Si chiama, si chiamava, fate voi, Complesso diocesano polivalente “San Giuseppe” l’insediamento che avrebbe dovuto costituire a Crotone, in località Poggio Pudano, sulla Statale 106, una sorta di centro direzionale del clero diocesano di Crotone – Santa Severina. Sul sito scelto, all’epoca, in poco tempo è subito sorta la chiesetta dedicata a San Basilio con adiacente la canonica ed un confortevole seminario che è stato operativo, per pochissimi anni. Sempre, nello stesso complesso, è stata appena edificata la struttura portante, su quattro livelli, che avrebbe dovuto ospitare l’istituto di scienze religiose, il centro polifunzionale di accoglienza, la scuola media inferiore e ginnasio-liceo e sale congressi con annessi e connessi. Il progetto è nato da un’idea di Mons. Giuseppe Agostino, Arcivescovo del tempo, e avviato alla realizzazione dal successore Mons. Andrea Mugione. Il tutto avrebbe dovuto sostituire il vecchio seminario ed episcopio che sorgono nel centro storico della città, accanto alla Basilica Cattedrale. Stiamo parlando di un progetto che, se portato a termine, avrebbe occupato una superficie di 30 mila metri quadri, di cui 11 coperti con una volumetria complessiva di 38 mila metri cubi. Spesa prevista per l’intera opera dieci miliardi delle vecchie lire ed una buona parte di queste, un paio di miliardi, già ampiamente spesa, meglio, buttata al vento. Risorse pubbliche, anche queste! Soldi nostri! Mi fermo qui, Non mi inoltro nella descrizione dell’intero complesso, una volta ultimato. Un dato è certo, dopo appena due/tre anni di utilizzo del seminario e della chiesa, oggi appare tutto desolatamente abbandonato. Siamo tornati all’antico, alle origini, al centro storico. Già un’altra cattedrale nel deserto. L’ingresso a tutta l’area è un cancello da cantiere, bell’incatenato e la strabella d’accesso già invasa da erbacce con asfalto in rovina. Insomma un seminario, tutto nuovo ma abbandonato. Altre stanze e tetti sopra la testa nell’imminente inverno per quei poveri, ultimi del mondo, gli immigrati. Si può rispondere al papa Francesco, basta che lo vogliamo a Piazza Duomo. Già, Francesco! A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo“. È stato questo l’accorato monito lanciato, nei giorni scorsi, da papa Bergoglio. “I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi”. Insomma “i conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”. Perché “il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti”. Bene! Più chiaro di così non poteva essere il sempre più prorompente Papa Bergoglio. Perché non ascoltare il monito di Francesco anche per quanto attiene ai conventi chiusi o quasi, per mancanza di vocazioni nella nostra regione. E non solo i conventi. Nelle precedenti note, sul tema, avevo ricordato i tanti conventi dei Francescani Minori.
Tanti conventi, in Calabria, che possono ospitare tranquillamente le migliaia di migranti, gli ultimi del mondo, soprattutto i cosiddetti “dublinanti”che non possono essere più ospitati dai Centri accoglienza perché già dotati di documenti di soggiorno. Ci sono conventi quasi vuoti e altri abbandonati che, riadattati, farebbero comodo. Perché, con i prossimi rigori invernali, è certamente meglio un tetto sopra la testa che una capanna di cartone! I conventi francescani che potrebbero dare la loro disponibilità all’accoglienza sono dislocati in tutta la regione: per la provincia di Cosenza abbiamo il capoluogo, San Marco Argentano, Bisignano, Dipingano, Cerisano e Pietrafitta; nel territorio di Catanzaro oltre al capoluogo ci sono Lamezia e Badolato; per il Crotonese abbiamo il convento dell’Ecce Homo di Mesoraca, la comunità monastica del SS. Crocifisso a Cutro e quella della Santa Spina a Petilia Policastro ed infine Reggio Calabria e Tropea. Ma ce ne sono anche altri, pochi, di altri Ordini religiosi. Ma solo gli Ordini monastici devono rispondere al monito di Francesco? Certamente no! Per rispondere all’insegnamento del Vangelo che vuole, fortissimamente vuole, una Chiesa povera e accogliente anche la Chiesa secolare può e deve rispondere con i suoi innumerevoli vecchi seminari e strutture similari ormai abbandonati o riadattati ad altri usi. Se guardiamo attorno c’è tanto. Tante strutture anche già pronte e munite di ogni comodità. Ed è tanta la gente, anche devota e cattolica praticante, che passa da quelle parti ed auspica una diversa sistemazione e destinazione. Ed ha ragione. Ecco, alloggi da poter, con tutti gli accorgimenti possibili e dovuti, destinare alle centinaia e centinaia di poveri derelitti che vivono, meglio, sopravvivono accampati, giorno e notte, soprattutto a Crotone nei giardinetti di Viale Regina Margherita ai piedi del Castello di Carlo V a pochi passi dal centro nevralgico della città. E decine e decine si accampano nei locali della stazione ferroviaria o in qualche palazzo antico abbandonato. Vergogna! E meno male che ci sono i volontari della Cattedrale e della parrocchia di Santa Rita che provvedono ad un pasto caldo. Ma non basta! Ed è prossimo l’inverno! Ecco l’allora che il seminario di Poggio Pudano farebbe comodo! Per fortuna qualcuno ha prestato attenzione all’accorato monito di papa Francesco. È il caso del sindaco di Umbriatico, piccolo centro e già antica sede vescovile dell’Alto crotonese che intende aprire le porte del suo Comune ai migranti, offrendo, previo accordo con la Curia vescovile di Crotone – Santa Severina che ne è proprietaria e gestore, alcune strutture ecclesiastiche presenti nel suo territorio. Nella vicina frazione di Perticaro si trova, infatti, il vecchio seminario e poi residenza estiva dei vescovi denominata “Oasi di San Giuseppe”. La struttura, operativa soprattutto nei mesi estivi, dispone di 44 posti letto ed ampi spazi interni ed esterni. Ed ancora. Nella stessa frazione di Perticaro insiste la “Casa di spiritualità Santa Domenica” gestita dalla parrocchia di San Paolo di Crotone e qui vi sono ben 40 posti letto disponibili e dotata di tutti i conforts. Insomma non ci sembra tanto ma neanche poco. Naturalmente, il sindaco Abenante, come chiunque altro amministratore o cittadino, pensa ad una gestione dell’accoglienza che non infici la tranquillità della sua comunità. Basta saper progettare e mettere in pratica la teologia della carità.