Il Centro sociale Papa Giovanni XXIII in collaborazione con Libera e con il comune di Reggio Emilia ha promosso due serate sul tema della criminalità organizzata. L’iniziativa scaturisce a seguito del maxi-blitz nel territorio emiliano che ha portato a 117 arresti rivelando e confermando la presenza dell’ndrangheta calabrese legata in particolare alla cosca Grande Aracri. La comunità calabrese residente in Reggio Emilia, proveniente per la maggior parte dai comuni di Cutro e Scandale e formata da persone oneste e laboriose, rischia di essere accomunata facilmente al fenomeno della criminalità organizzata, tenuto anche conto che la geografia imprenditoriale nel settore edile nell’intera provincia emiliana conta oltre 10 mila imprese di cui 2.400 rappresentate da ditte crotonesi. Lo scopo della programmazione delle due serate è quello di favorire un dibattito per ragionare insieme, reggiani e calabresi, immigrati e istituzioni, sul motivo per il quale le mafie prosperano nel ricco territorio emiliano, quali iniziative di contrasto promuovere, come stimolare le coscienze per riuscire ad arrestarle e soprattutto per dimostrare quanto di sano vi sia in entrambe le comunità.
La prima serata è stata tenuta presso il teatro Piccolo Orologio, presenti una numerosa partecipazione di reggiani e calabresi, di rappresentanti delle istituzioni locali e delle organizzazioni sociali, e programmata con tre interventi affidati all’ assessore alla sicurezza e cultura della legalità Natalia Maramotti, a Matteo Iori, presidente del Centro sociale Papa Giovanni XXIII e allo scrittore scandalese Iginio Carvelli, il quale, nell’occasione ha presentato il suo ultimo libro “La spina di rovo” che tratta il fenomeno mafioso nel contesto economico e sociale del crotonese degli anni settanta. L’assessora Natalia Maramotti ha sostenuto la necessità di creare opportunità per la crescita della cultura della legalità che rappresenta un impegno primario del suo assessorato. Matteo Iori ha sostenuto che “il problema non è solo dei calabresi. E’ di ognuno di noi. Anche dei nostri giovani che crescono con mentalità volte al proprio favore, al proprio piacere, senza curarsi degli effetti”. Carvelli da parte sua ha esordito affermando: “La ‘ndrangheta non è sinonimo di Calabria. La mia regione è abitata per la sua stragrande maggioranza da persone oneste, laboriose, sane nel cuore e nella mente. Pur senza sottovalutare il fenomeno mafioso e senza ricorrere a giustificazioni storiche e sociali, ritengo di potere affermare che il popolo calabrese e le comunità di calabresi ovunque si trovino, non appartengono ‘al rango di una razza maledetta di terroni e criminali’ . Chi ha conosciuto la Calabria da vicino, non può negare di avere incontrato una terra generosa ed ospitale, di avere incontrato gente seria, onesta e laboriosa. Ma in Calabria c’è la ndrangheta”, ha proseguito Carvelli, “e come un prodotto qualsiasi si è tentato da parte della criminalità organizzata di esportarla in altre regioni, anche nella vostra”.
L’inchiesta Aemilia si è abbattuta come un fulmine a ciel sereno sulla nostra tranquilla città, facendoci aprire gli occhi sulla realtà della penetrazione mafiosa anche nell’economia reggiana. Il comune di Reggio Emilia ha ritenuto opportuno organizzare, insieme a Libera e al Centro Papa Giovanni, la presentazione del libro di Iginio Carvelli, La spina di rovo, per sottolineare la necessità di sensibilizzare la cittadinanza contro la corruzione e il malaffare, allo scopo di abbattere quella rete di complicità sulla quale i gruppi mafiosi si sono sviluppati in questi anni.