Il limite dell’Infinito : l’ultima (in ordine di tempo) silloge poetica di Fausto Burdino, Nota di Luigi Ruggiero
“Ma chi scrivi? Ah…! […] Si no […] guardi cu l’uacchie l’anima a vita esta cuamunafhimmana chi no po’ avirifhigghjiuali: […]”
“Allora scriva… pecchì a vita esta poisia!”. Nell’esortazione della madre – che è “ogni respiro” ed “ogni pensiero”- che lo invita a scrivere perché la vita senza la poesia, senza il poiein che è il fare operoso, è come la terra secca su cui mai cresce l’erba, Fausto Burdino, poeta e scrittore colto e raffinato di cui vantarci e tenere a mente nel sanificare i gargarismi e populismi dotti che affollano la letteratura contemporanea, apre il suo nuovo e coinvolgente impegno lirico “Il limite dell’Infinito”, che è una silloge poetica di rilievo, poesia che è vita, che è l’aletheiadella rilevazione e dello svelamento dell’analisi etimologica di Heidegger.
Fausto Burdino già nella ricerca e stampa della copertina della silloge, che è “Il viandante sul mare di nebbia”olio su tela di Casper David Friedrich, la cui immagine è stata adottata dal festival Popsophia di Pesaro,si pone come lo stesso viandante del dipinto “romantico, irrequieto, tormentato, alla ricerca dell’infinito rappresentato dal paesaggio e dall’orizzonte in lontananza; (un) individuo (che)si perde di fronte alla stupefacente grandiosità della Natura, in un atteggiamento contemplativo visto come estrema esperienza interiore e spirituale”, mentre poi nella esecuzione del suo scrivere “ntra l’anima” disegna con mano ferma i moti di un cuore irenico, “che s’addormenta sotto il cielo stellato, cullato come sopra un’amaca un bambino lusingato dalla luna piena”.
Fausto ha gia dato alle stampe “Il ramo del melograno” – un romanzo avvincente che si legge con trasporto, dove una giovane trova il diario di un carcerato “in un parco di Parigi, lo legge e lo custodisce con cura. Trova su esso una profezia angosciante e dolorosa che la turba in modo ossessivo”; “La farfalla e la rosa” raccolta di poesie e “Lungo la via del Viaggio”romanzo in cui “L’incedere decoroso tra le contorte strade della vita, ostacola il nichilismo con il buon senso”.
In tutte le sue opere lo scrittore girifalcesecesella, ricerca, usa la parola dotta, che costringe al dizionario pur senza svilire o attenuare la liricità del verso e del periodo.
E così ne “i cipressi oblunghi anacoreti” e “l’inumazione ignota” e “adusto di pianto nella vita” delle “Memorie interrate”; ne “il cranio rapato” di “Demoni alla badia”; ne “la rete strappata pende dal bigo la cucella infilata non cuce” e “i pescatori (che) buttano il tramaglio” di “Alta marea”; in “Edace l’ora che non ha ora” e “il codexHersfel” di “Insonne”; ne “il partigiano bianco” di “Ai confini dell’odio”; ne l’ ”Espada!Espada” di Gallardo; ne “l’idiota” che è felice ed ha il ghigno di “Calicanto in fiore”; ne “l’esca dell’erotismo nella cripta dell’umile chiesa” di “Sospensione a divinis”; ne “l’ofide intrico” di “Nidi tra gli ulivi”; ne “la losanga” che “distrae” di “Canne al crepuscolo”; in tutte le liriche de “Il limite dell’Infinito”, così come nelle altre opere burdiniane, nel loro rappresentarsi di vasta cultura, si regala al lettore uno spazio di riflessione e di arricchimento culturale, che sgorga da un vissuto dove i ricordi sono bei ricordi che non scompaiono mai.Nel peggiore dei casi – così come scrive Luciano de Crescenzo in “I pensieri di Bellavista” – si addormentano nei sotterranei dell’anima, salvo, poi, risvegliarsi all’improvviso quando sentono il motivo di una vecchia canzone.