Riaffermare il principio della legalità era l’intento dello Stato che con il Decreto del cdm del 23 ottobre 2013 aveva sciolto la giunta, guidata dal Sindaco Mario Caruso e con essa l’intero Consiglio Comunale di Cirò con l’insediamento di una terna di commissari prefettizi, interrompendo bruscamente l’attività amministrativa iniziata all’indomani della “storica” vittoria elettorale del 6/7 maggio 2012 della coalizione capeggiata dall’Avv. Mario Caruso, vittoria ottenuta, si badi bene, su ben 4 liste in competizione su circa 2000/2500 elettori. Ironia della sorte, quella legalità per la quale il Sindaco e la sua maggioranza si erano spesi già nel precedente mandato politico-amministrativo 2007/2012 e stavano proseguendo con altre e più intense attività progettuali nel secondo mandato 2012/2017. Il 9 luglio 2015 è intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto in modo inequivocabile il ricorso fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno riconfermando la sentenza del Tar-Lazio del 21 gennaio 2015, divenuta un punto di riferimento nella giurisprudenza amministrativa italiana, sancendo in modo chiaro ed inequivocabile l’insussistenza dei fatti contestati all’ amministrazione Caruso legittimando di diritto il reintegro dell’’intero Consiglio Comunale avvenuto nel Gennaio 2015. Alla luce di quanto sopra narrato che vede lo stesso Stato, difensore del diritto, soccombere e relegato a bordo ring in un’impari lotta tra un novello Davide e il gigante Golia, vien da chiedersi: se non fosse stato per la tenacia, la caparbietà, la volontà e il desiderio di ottenere giustizia da parte di un professionista serio e onesto, ferito e umiliato da uno Stato forte e arrogante con i deboli, quanti di noi, poveri sudditi, avrebbero resistito a cotanta tenzone? Chi scrive aveva aderito e contribuito al programma politico – amministrativo della coalizione guidata da Caruso nelle elezioni del 2012 dando la propria candidatura nella lista di coalizione, denominata “Cirò Grande di Nuovo”, contribuendo con i voti ottenuti a quella straordinaria vittoria elettorale.
Scelta, questa, maturata allora con grande convinzione che è rimasta inalterata nel corso di questi anni, perché ritenuta una scelta politicamente giusta, anche se rimasto fuori dalla compagine amministrativa. Si potrebbe dire con Shakespeare: Tanto rumore per nulla. Ma alla fine di questa paradossale vicenda giudiziaria, portata avanti a suon di carta bollata, chi ha subìto le conseguenze sono, oltre agli amministratori, soprattutto i cittadini di Cirò che sono stati umiliati e offesi per l’immagine negativa che è veicolata sulla stampa locale e nazionale. Tra essi ci sono anch’io, umiliato e offeso, sia come cittadino che come sostenitore della lista che ha vinto le elezioni. Il rispetto della legalità è stato sempre il faro che ha illuminato la mia vita e la mia carriera professionale, senza ombra di dubbio. La mia ultratrentennale militanza politica, come uomo di sinistra, mi suggeriva di sostenere allora persone di indubbia moralità e di indiscusso senso di servizio verso la propria comunità, dimostrati nella gestione politico-amministrativa 2007/2012, per cui la mia fu una scelta di responsabilità proiettata verso l’interesse generale e non, come generalmente succede oggi per taluni pseudo-politici, per interessi personali. Non potevo accettare né tanto meno tollerare il paradigma messo in campo ad hoc da organi dello Stato, alimentato da certo sciacallaggio politico bieco e paranoico, ledendo la dignità e l’onorabilità del Sindaco e degli amministratori e con essi un’intera comunità, distruggendo come panzer quello che di buono l’Amministrazione Caruso aveva realizzato negli anni nell’azione di governo puntando, tra l’altro, nella rinascita culturale del territorio (basti pensare a Luigi Lilio, Giano Lacinio, creazione di n. 3 musei, ecc.), progetti sul versante enogastronomico ed identitario del territorio (Contea del Vino, Enoteca Regionale, ecc.) e tanti altri progetti consentendo la divulgazione dell’immagine positiva di Cirò. Perciò, alla luce di tutto ciò mi permetto di suggerire al Sindaco di andare avanti. Giustizia è stata fatta, dice il Sindaco. Ma questa giustizia reclama a gran voce il “Mea Culpa” di chi ha causato questo danno morale, provvedendo come minimo ad un’azione resarcitoria nei confronti dell’intera comunità.
Francesco Mussuto