Negli anni scorsi abbiamo letto “Il Cerusico di Mizzana” (1997); “I temi politici della sinistra extraparlamentare negli anni ’70: il caso del Manifesto” (1998), dello stesso anno “Il Manifesto anni ’70: una rifondazione politica a sinistra del PCI. Analisi dei contenuti delle tesi del Manifesto”; “AmaraMente”, Miscellanea di versi del 2003; “Kakovia” del 2004; “Famiglia De Bartolo, via Kakovia n. 6 Cirò” (2006) e ancora “Se la buona Marta …” nel 2007, dedicate al suo famoso conterraneo Le Cinque Novelle, con autobiografia di Luigi Siciliani e Carissimo Gigi, Lettere di Giovanni Pascoli a Luigi Siciliani; “A froggia e Mastu Lorenzu” del 2010 e “Si sa che… Montedison, le ricerche, le persone…” del 2012 con prefazione di chi scrive questa nota. Quest’ultimo libro, mi piace ripeterlo, è il rinnovato racconto di una vita che l’amico scrittore ha voluto testimoniare alle giovani generazioni perché sappiano e non dimentichino; un racconto esemplare, ricco di buoni sentimenti e spiritualità anche, dove il tempo e il passato non assumono un aspetto evanescente ma risonanza di umanità ed esperienza; una sorta di diario ricco di sensazioni, emozioni, sentimenti che diventano poesia. Tutti libri che alla poesia accompagnano la riflessione e la memoria. Già, poesia come nella silloge “Al modo delle foglie” edita nel 2013, corposa raccolta di liriche che, come “nuvole sul mare”, richiamano la poetica di Salvatore Quasimodo e che abbracciano tutto l’itinerario umano del poeta cirotano. Sono “foglie sparse, foglie argento, foglie di neve, foglie morte,nuove foglie”, insomma foglie tantissime vive e poche morte e comunque caduche che raccontano dell’amata natia Cirò e della Ferrara eletta a terra di adozione.
Ebbene, come regalo di Natale, l’amico Saverio De Bartolo, chè è di lui che sto dicendo, dall’eletta Ferrara ci regala, fresca di stampa (CopyArt Ferrara 2015), l’ultima sua creatura: “La lingua dei Cirotani” con sottotitolo “Espressioni, detti, volgarità”. È un dono dedicato alla “sorella Caterina dal cuore che sopporta” ed è anche un omaggio alla sua gente di Cirò. Sono i ricordi della fanciullezza rivisitati attraverso, come scrive lo stesso De Bartolo, “un percorso di ricerca, nel campo della lingua di una volta.” Un percorso della vita di ognuno di noi che non si abbandona mai. Lo scrittore e poeta di Cirò non sfugge a questa antica regola e se ne riappropria mettendo in ordine antiche emozioni, giochi, volti amici, mondi segreti con “un’operazione di ritrovamento, di riscoperta della lingua dei cirotani, dopo decenni di dimenticanza. Un patrimonio linguistico, inteso come eredità dei nostri padri. Che non è da dimenticare.” C’è tanta armonia e nostalgia in questa ricerca di antiche costumanze cirotane tradotte in detti, proverbi perché, ancora per l’amico Saverio “immergersi nella lettura delle espressioni è come partecipare a un gruppo di persone del secolo scorso che parlano in dialetto dei più svariati argomenti.” Sfogliando le pagine di questo bel libro si entra in una miniera forse poco esplorata, una miniera ricca di tanta quotidianità fatta di sudore e di speranza perché “agùriti bonu ca bonu ti vena”. Piace fermarmi qui perchè la ricchezza antropologica e sociale del lavoro editoriale di Saverio De Bartolo è bene venga fruita a piene mani dalla gente di Cirò così “l’impegno di questo modesto lavoro non è stato vano.”