“Possiamo ridare vita alle batterie al litio”. Un team di ricerca del polo di Sesto fiorentino, ha brevettato il procedimento- si legge in una nota di Valeria Strambi de La Repubblica- per recuperare il prezioso materiale. Il futuro della transizione energetica passa da Firenze. Nei laboratori del Cnr, in una stanzetta del Polo scientifico di Sesto, esiste un team di ricercatori che è riuscito in un’impresa finora impensabile nel resto d’Italia e che potrebbe davvero contribuire a tracciare una nuova rotta per la sostenibilità. Gli studiosi dell’Iccom (l’Istituto di chimica dei composti organometallici del Cnr), insieme al Cobat (la più grande piattaforma italiana di servizi per l’economia circolare), sono riusciti a sviluppare una tecnologia in grado di estrarre dalle batterie al litio esauste i singoli materiali di cui sono composte, recuperando così oltre il 90% di quello che rappresenta il metallo più leggero che esiste in natura. In pratica un modo per non gettare via le cartucce usate, ma per prelevarne il cuore rendendolo come nuovo, pronto a tornare a battere. Senza il litio infatti, vero “motore” delle auto elettriche, l’obiettivo di rendere più green il pianeta riducendo l’inquinamento nelle nostre città, rischia di diventare solo un’utopia. Sì, perché nonostante nei prossimi anni i veicoli elettrici siano destinati a moltiplicarsi raggiungendo quota 150 milioni nel 2030 e 500 milioni nel 2050, non sono stati fatti i conti con il potenziale esaurimento del materiale che alimenta tutto il sistema. Basti pensare che per produrre una tonnellata di litio, sufficiente a far funzionare 100 automobili, sono necessari due milioni di litri d’acqua. Un’impresa immane. Ed è per questo, allora, che i ricercatori del Cnr si sono attivati: «Le riserve di litio sulla Terra non sono inesauribili – spiega Francesco Vizza, direttore dell’Iccom -. Oggi alcuni studi ci dicono che la quantità estraibile di questo materiale va dai 30 ai 90 milioni di tonnellate e, con l’aumento della domanda di auto elettriche, rischiamo pian piano di finire le scorte. È quindi necessario fare qualcosa, che sia il riciclo di questo materiale o l’individuazione di sistemi per dare una seconda vita alle batterie, l’importante è agire al più presto». Così, la squadra del Cnr, attraverso un progetto sperimentale durato tre anni, è riuscita a brevettare una tecnica innovativa per raccogliere il litio dalle batterie. «Il nostro processo si differenzia dagli altri perché è interamente idrometallurgico, non prevede cioè l’uso di alte temperature e dei forni consentendo così il massimo del recupero del litio, ma anche degli altri materiali come il cobalto, il nichel, il manganese – spiega Vizza -. Le batterie, per prima cosa, devono essere messe in sicurezza e scaricate perché il litio è un metallo che può scatenare reazioni esotermiche dando luogo a incendi o esplosioni. Superata questa fase, la batteria viene aperta e separata dalle parti di plastica e acciaio. Ne rimane una sorta di nastro che srotoliamo e che è costituito da una lamina di rame e una di alluminio». Ed è a quel punto che vengono utilizzati dei solventi a basso impatto per far sciogliere i diversi materiali e ricavare una soluzione acquosa: «Facciamo precipitare tutti i metalli in modo che rimanga il litio, da trattare con carbonato di calcio – specifica Vizza -. In questo modo ne recuperiamo il 90% con una purezza al 95%, proprio come se fosse appena estratto e pronto per essere utilizzato per una nuova batteria». L’obiettivo, ora, è trasferire un meccanismo che già funziona su scala di laboratorio e quindi con quantità relativamente piccole, a un livello semi industriale: «Cobat si è attivata per realizzare quello che diventerebbe il primo impianto pilota di riciclo del litio in Italia, capace di trattare mille tonnellate di batterie all’anno – annuncia il professore -. Al momento dipendiamo dall’estero e siamo costretti ad appoggiarci a impianti che si trovano in Europa (anche lì ce ne sono davvero pochi, circa una decina)». Il messaggio è chiaro, il nostro Paese non può più permettersi di perdere tempo: «Si tratta di trasformare quello che facciamo qui al Cnr (per estrarre 10 grammi di litio dalle batterie esauste ci vogliono circa tre giorni) in un processo meccanico che potrebbe impiegare anche molto meno tempo e i cui costi non sarebbero elevati» conclude Vizza.
Congratulazioni
Francesco per questa nuova scoperta del Grin CNR di Firenze, auguro a tutti quelli che lavorano a questo progetto un imbocca a lupo un caro saluto