L’antico borgo ha festeggiato la festa di San Giuseppe con successo attraverso l’accensione dei tradizionali fuochi che sono stati accesi nei vari rioni del paese. Proprio per rafforzare la tradizione popolare, la Pro-Loco guidata da Niki De Franco, che nei giorni scorsi aveva provveduta insieme alla sua grande squadra, a preparare la chiesa alla novena di San Giuseppe, officiata dal nostro parroco don Massimo Sorrentino, aveva bandito per la sera del 18 marzo, la gara dei fuochi, dove la foto del fuoco che aveva avuto più consensi, risultato poi il fuoco del rione Casenuove, era stata premiata il 19 marzo, in piazza Pugliese durante l’accensione del fuoco principale. La chiesa di San Giuseppe è ubicata nel rione Valle, di modesta architettura con la copertura a capriate, vi si giunge attraverso vicoli stretti e tortuosi in discesa nel cuore del centro storico. L’interno è composto da due ambienti diseguali, divisi da un grande arco a tutto sesto. Di fronte al portone d’entrata vi è una nicchia con la statua di S. Luigi, in fondo all’ambiente principale si trova l’altare maggiore in marmo policromo, dedicato a S. Giuseppe con la sua statua posta in una nicchia. Alla parete laterale destra ci sono due quadri, uno raffigurante la Madonna di Pompei e l’altro il cuore di Gesù. Alla parete sinistra altri due quadri, quello del Cuore di Maria e quello di San Francesco di Assisi. Per San Giuseppe, si vuole valorizzare l’importanza di una delle tradizioni della cultura popolare cirotana “i Focareddi e San Giuseppe”. Consiste nel bruciare oggetti e vecchi legnami, frasche, una sorta di capanna dove all’apice viene inserita una icona del Santo. L’usanza di accendere i fuochi è perché si vuole lasciare alle spalle l’inverno e accogliere con gioia la nuova stagione. Nella tradizione popolare, era uso preparare in segno di devozione e ringraziamento, un pranzo, detto “U cummitu”, in onore di San Giuseppe. Il Cummito consisteva nel fatto che la famiglia che aveva ricevuto qualche grazia particolare, invitava cinque persone povere: un vecchio (San Giuseppe), un altro (San Gioacchino), un giovinetto (Bambin Gesu’) e due donne (la Vergine Maria e Sant’Anna). Gli invitati al “Commitu” venivano serviti a piedi nudi dai membri della famiglia che offriva il pranzo, preparato con piatti a base di cinque legumi, maccheroni casarecci, pesce, baccalà, broccoli, asparagi e fritture miste. Finito il banchetto, e salutati gli invitati, che si titolavano di santi, ad ognuno di loro veniva offerto un pane fatto in casa, “u Paniceddu e’ San Giuseppe”. In chiesa invece per 9 giorni si celebrava la novena di San Giuseppe, che al tocco della campana richiamava i fedeli nell’antica chiesa. L’usanza di accendere il fuoco la vigilia di San Giuseppe nei rioni del centro storico, risale alla fine del 800, quando specie i contadini, per ringraziare e raccomandarsi al Santo, dovevano donargli qualcosa ; ma non avendo nulla da offrigli , ognuno portava dalla campagna un po’ di legna e frasche , che veniva accumulata davanti la chiesa omonima nel centro storico, per essere bruciata, la sera del 18 Marzo tra canti balli e intrattenimento gastronomico. I tradizionali Fuocherelli di San Giuseppe, diretti discendenti d’antichi falò, hanno origini perdute nella notte dei tempi che ogni anno, nell’equinozio di primavera, rievocano la leggenda propiziatoria dell’arrivo della Primavera, ma anche lo spettacolare arrivo proprio in questi giorni del passaggio delle Gru(Grus grus ), sui cieli di Cirò. E’ un grande spettacolo osservare il loro volo mentre cantano annunciando la primavera. Proprio sullo stemma di Cirò c’è dipinta una Gru in vetta alle tre colline che protegge il popolo dall’invasore nemico, raffigurato da un serpente, afferrato tra gli artigli della fiera Gru. Dopo tutto nella tradizione popolare la gru è simbolo di buona fortuna e di buona salute, e come vuole la tradizione si accendono i fuochi propiziatori.