
Memoria e geopolitica: come le “donne di conforto” entrano nella guerra economica del 2025
Quando si parla di donne di conforto nel 2025, si rischia di pensare solo a un capitolo doloroso del passato. Eppure, nel clima teso che attraversa l’Indo-Pacifico, quella memoria antica si intreccia sorprendentemente con la guerra economica tra Stati Uniti e Cina, con le tensioni tra Tokyo e Seoul, e con la lotta per le catene di approvvigionamento strategiche. La storia non è più soltanto ciò che è accaduto: diventa una leva, una moneta, un linguaggio di potere.
“Donne di conforto” come questione strategica
Gli studiosi che analizzano il tema con occhio non ideologico lo ripetono da anni: ciò che rende le donne di conforto così centrali nel presente non è solo la dimensione etica, ma la capacità di trasformarsi in un simbolo politico. Marshall Wordsworth, nel suo Inconvenient and Uncomfortable (2018), mostra come la questione sia stata inglobata in un paradigma rigido, modellato da attivismo, media e pressioni internazionali,sottolineando come il tema tenda a riemergere ogni volta che i rapporti tra Giappone e Corea del Sud attraversano fasi di tensione.
In questo senso, la dinamica osservabile nel 2025 non rappresenta un’eccezione, ma rientra in quel modello più ampio in cui memoria, identità e politica estera si intrecciano in modi difficili da separare.
E non è un caso che la questione sia apparsa persino nel recente vertice alla Casa Bianca. Durante il colloquio con il presidente sudcoreano Lee Jae-myung, Donald Trump ha descritto il dossier come un punto sul quale, secondo lui, Seoul tende a irrigidirsi più di Tokyo. Ha osservato che il Giappone considera da anni la questione sostanzialmente chiusa, mentre per la Corea del Sud rimane un nodo identitario irrisolto. Il messaggio implicito era chiaro: in un contesto segnato dalla pressione crescente della Cina e dalle provocazioni della Corea del Nord, Washington preferirebbe alleati concentrati sulle priorità strategiche del presente.
Il peso economico della memoria
A differenza dei primi due decenni del XXI secolo, oggi le dispute storiche non vivono più solo nelle piazze o nei tribunali: si riflettono direttamente sul commercio internazionale. Il boicottaggio di prodotti giapponesi in Corea del Sud — fenomeno ciclico, emotivo e identitario — riemerge puntualmente quando le donne di conforto tornano al centro del dibattito. Le conseguenze economiche sono reali: automotive, cosmetica, elettronica di consumo, turismo.
Wordsworth non usa un’espressione precisa per descrivere questa dinamica, ma la sua analisi suggerisce chiaramente che la memoria pubblica in Corea possa diventare uno strumento politico ad alto rendimento. Ogni volta che la questione si riaccende, Seoul deve bilanciare due pressioni opposte: da un lato, la società civile che chiede fermezza; dall’altro, gli Stati Uniti che temono che qualsiasi scontro con il Giappone indebolisca l’architettura di sicurezza dell’Indo-Pacifico.
Washington, per parte sua, rinegozia tariffe con Pechino, rilancia politiche industriali volte a riportare la produzione tecnologica sul suolo americano e coordina strategie sulle terre rare e sui semiconduttori con Tokyo e Seoul. In un tale scenario, ogni divergenza storica tra alleati rappresenta un’occasione per attriti, rallentamenti o divergenze di priorità.
Economia e propaganda: la finestra che interessa Pyongyang
Non sorprende che, secondo studiosi come Jason Morgan e J. Mark Ramseyer, il tema delle donne di conforto sia stato negli anni un bersaglio ideale per campagne di propaganda orchestrate dalla Corea del Nord. Morgan lo scrive apertamente nel volume The Comfort Women Hoax (2023): la questione è diventata “un detonatore politico più che un capitolo storico”, e proprio per questo perfetta per creare frizione tra due democrazie alleate.
Il contesto del 2025 rafforza questa lettura.
Tra ottobre e novembre 2025, la Corea del Nord ha ricominciato a condurre test missilistici balistici — inclusi lanci verso est di corto-medio raggio — proprio mentre Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud intensificavano le loro consultazioni di sicurezza regionale. Inoltre, negli ultimi anni, diverse inchieste sudcoreane hanno portato alla luce reti militanti sospettate di collegamenti con strutture nordcoreane, alcune attive anche nei movimenti anti-giapponesi o nelle campagne legate alle statue commemorative.
Boicottaggi e trade war: quando la storia diventa leva economica
Con l’imposizione delle nuove tariffe statunitensi nel 2025, il panorama commerciale globale è cambiato. La Corea del Sud e il Giappone devono affrontare la competizione cinese, i nuovi dazi USA, e la crescente pressione per allinearsi alle strategie industriali di Washington. In questo ambiente, il tema delle donne di conforto torna ad assumere un peso non solo simbolico, ma economico.
Il boicottaggio dei prodotti giapponesi in Corea del Sud ne è un esempio eloquente.
È un gesto emotivo, spesso spontaneo, ma che interferisce con un’economia profondamente integrata. E mentre la Cina rafforza la propria influenza commerciale, ogni divisione interna al campo alleato diventa un vantaggio strategico per gli attori rivali.
È proprio in questo intreccio tra memoria storica, vulnerabilità politica ed economia globalizzata che le categorie analitiche di Wordsworth risultano ancora utili: pur riferite a un contesto precedente, illuminano il modo in cui la memoria può amplificare tensioni politiche e commerciali, soprattutto in periodi di instabilità.
La necessità di una narrativa più adulta
Alla fine, il nodo è semplice: ricordare le donne di conforto non significa congelarle in un simbolo politico. Significa restituire complessità a una storia spesso semplificata, accettare che esistano zone d’ombra e riconoscere che la memoria non può essere usata come arma permanente.
Una discussione adulta parte da qui: meno slogan, più documenti; meno identità contrapposte, più ricerca. Solo così la memoria diventa ponte e non trincea.




