Prosegue il viaggio religioso alla scoperta di tre luoghi da visitare assolutamente nel crotonese. Nella prima tappa siamo stati ai piedi delle montagne presilane, precisamente a Cutro (leggi). Lasciamo Cutro, a sud, e, attraversando una campagna florida di uliveti e agrumeti, ci inerpichiamo su colline verdeggianti protese verso la Sila e arriviamo a Mesoraca, centro situato tra i fiumi Reazio e Vergani. La sua fondazione si fa risalire agli Enotri che dal fiume la chiamarono Reazio; altri studiosi propendono a far derivare il suo toponimo da Rea, moglie di Saturno e madre di Giove e di questo ancora si ricorda il vicino omonimo monte. Successivamente, secondo alcuni storici, prese il nome di Messurga da “messorius” (mietitore o dall’arcaico: Dio delle messi) per la fertilità della terra e abbondanza dei prodotti per cui la gente cantava e mieteva. Fu abitata dai Greci, dai Romani e dagli Ebrei. Partecipò attivamente alla vita della Repubblica di Crotone e fu sua alleata nella guerra che i Crotoniati condussero contro Locri. Nei secoli successivi fu territorio dei Ruffo dal 1292, dal 1523 entrò a far parte del Marchesato di Crotone come possesso dei Caracciolo. E non si può sottacere che Mesoraca fu anche sede di tre Accademie: degli Addormentati, dei Risvegliati e degli Ecclesiastici. Inoltre è importante sottolineare che il nostro centro è la patria di un santo, Zosimo papa dal 417 al 418.
L’Ecce Homo di Mesoraca
Sulle pendici dell’antico monte Giove sorge il Santuario dell’Ecce Homo. Secondo la tradizione, l’origine del vecchio cenobio, dovuto ai Basiliani, risalirebbe al IV sec. e comunque esisteva un luogo sacro basiliano che, per intercessione del Beato Tommaso da Firenze venuto a Mesoraca per diffondere il movimento francescano dell’Osservanza, venne ceduto ai Frati Minori. Questi riadattarono l’antica sede, vi edificarono in un decennio la chiesa ed il convento che furono portati a termine nel 1429 quando il Papa Martino V con propria bolla decretò la donazione e la consacrazione. Nel 1579 con decreto di Gregorio XIII il convento passò, definitivamente, ai Frati Minori Riformati, che tuttora custodiscono e fu scelto quale sede del noviziato dell’Ordine. Con l’occupazione militare francese e, nel 1806, con l’eversione feudale e la soppressione dei luoghi sacri, anche il monastero di Mesoraca fu chiuso e fatti allontanare i frati che però vi tornarono nel 1815 con la restaurazione borbonica, riprendendo con rinnovato vigore a servire il popolo. Purtroppo nel 1866 di nuovo venne decretata la soppressione generale degli ordini monastici e anche del nostro monastero divenuto ormai famoso e meta di pellegrinaggi ai piedi dell’Ecce Homo. Finalmente per volontà del Comune e del popolo, tutto il complesso monastico venne acquisito al demanio nel 1875 e trasformato a luogo di accoglienza dei poveri alle cure dei Frati.
Così pian piano potè riprendersi la comunità monastica e ricostituire il convento e riaprire il noviziato. Il luogo sacro di Mesoraca è ormai famoso in tutto il mondo perché, come detto, custodisce da più di tre secoli la prodigiosa statua dell’Ecce Homo. Si tratta di una bella, suggestiva e drammatica insieme, scultura in legno a mezza figura come quella pur famosa e assai somigliante di Calvaruso (ME) dello stesso autore, Fra’ Umile da Petralia. La scultura petralese è collocata in un’artistica cappella ottagonale barocca edificata nel 1780 con decorazioni di Salvatore Giordano e nel primo decennio del ‘900 i fratelli Ranieri da Soriano Calabro vi aggiunsero decorazioni con smalto e foglietti d’oro zecchino. Ai lati della cappella sei pregevoli tele incorniciate a stucco del pittore P. Griffo del 1835. Tra le altre opere d’arte custodite: l’artistico chiostro del ‘400, alcune tele del Santanna di Rende del 1756 e del Leto del 1755, il pulpito seicentesco in noce lavorato ad intaglio a cinque pannelli decorati. Ma l’opera sicuramente più importante, dopo l’Ecce Homo, presente nella chiesa, è la statua marmorea della Madonna delle Grazie scolpita nel 1504 da Antonello Gagini da Messina, lo stesso che scolpì le Madonne per Nicotera e Bisignano ed una Pietà per Soverato Superiore ed altre opere ancora diffuse in tutta la Calabria. Altro monumento di notevole interesse storico – artistico è la chiesa di Santa Maria del Ritiro fondata nel 1767 per volontà di P. Matteo Lamanna che voleva arricchire la sua terra di altre preziosità artistiche e religiose. È un edificio barocco disegnato da Antonio Scoto di Santa Caterina ed edificato con blocchi granitici scolpiti, in loco, da fra’ Filippo di Gioiosa e fra’ Giuseppe di Serra San Bruno. Detta chiesa è sormontata da una volta a botte e al suo interno sono evidenti gli altari policromi, alcune tele seicentesche e tanti arredi sacri argentei di epoca barocca.
Nella terza ed ultima parte saremo a Petilia Policastro continua a seguirci…