di Federica Lento. “Nel triangolo donna, mare e luna si compie il mistero della vita che alimenta il sentimento femminile fatto di attese, speranze, timori, gioie e malinconie e della capacità di scrutare l’orizzonte fisico e quello dei pensieri, rinforzando i legami di appartenenza e degli affetti. La gente di mare ha l’occhio puntato sulla luna di cui stima il favore o la malevolenza sulla vita terrena, oltre che sulle maree e le correnti da cui dipende l’attività della pesca. Presenza irrinunciabile, la luna con le sue fasi, in armonia con le stagioni naturali e umane e con l’essere femminile, è il simbolo di tutto ciò che ha un ciclo, un respiro che vive… quel respiro che il mare rinnova di continuo e che, proprio la donna, dentro di sé, custodisce”. Il mare, fonte di fatica per chi vive dei suoi doni, nel suo movimento paziente e costante è il sinonimo del gentil sesso, della lavoratrice instancabile che riesce persino a sostituire gli uomini partiti per la guerra e spesso da lì mai più ritornati. La luna, nel suo splendore e con il suo periodico e rassicurante mutare, è anch’essa metafora della figura femminile, analogamente bella, paziente e determinata. Il mare, la luna, le donne: tre elementi legati da un filo indissolubile intrecciato da mani rovinate dal lavoro, quello per la sopravvivenza. Una raccolta fatta di tante storie, anch’esse annodate dal medesimo filo, e contemporaneamente un’indagine socio-antropologica, proposte da Assunta Scorpiniti nel testo dal titolo Sulle onde della luna (Ferrari editore), che va al di là di superficiali stereotipi.
Tra cielo e mare, una forza indistruttibile
La Calabria della gente di mare viene descritta in sette racconti che, insieme ad un testo teatrale, costituiscono il lavoro dedicato dalla scrittrice alla propria terra e alle donne che la abitano: Caterina, Maria, Immacolata e tutte le altre protagoniste del libro sono persone vere, come vere sono le storie che tornano in vita attraverso la memoria di chi le ricorda. L’autrice racconta quelle donne «assennate», capaci di gestire la quotidianità e portare avanti la famiglia durante le lunghe assenze dei loro uomini, vivendo i pericoli del mare e le sue sfide. Si tratta di figure eccezionali di pescatrici, forti come rocce ma tenere nella loro essenza femminile. La luna ha un ruolo principale nei racconti della Scorpiniti, è la cornice delle diverse vicende raccontate o, meglio, ne è luce lieve che illumina lo scandire dei giorni. «Luna a ponente, donna partoriente» recita un vecchio detto, in cui l’astro si fa simbolo «di tutto ciò che ha ritmo e respiro». Nel mare si sente la vita, come nel grembo di una madre che diventa rifugio; il mare, infatti, è da sempre simbolo di accoglienza della vita, luogo per eccellenza dell’origine del mondo ed è perciò perfettamente legato alla donna, al suo ruolo di generatrice di vita che accoglie per nove mesi suo figlio dentro di sé. Una casa di colore bianco che si affaccia sullo Ionio apre questa serie di racconti. Protagonista è Maria, figura dal vissuto difficile che si ritrova sola a mandare avanti la famiglia e, con orgoglio, rifiuta l’aiuto di chi la vorrebbe davanti a un telaio. «La vita va lottata» dice Maria, guardando con tenacia avanti, «verso quell’orizzonte di cielo e di mare che, a vederlo rischiarato dalle luci dell’alba o dipinto dei colori del tramonto, non le sembrava, poi, tanto lontano». Il libro è completato, nella sua seconda parte, da storie di pesca, storie di uomini che lavorano in mare e delle loro compagne, presenze irrinunciabili per la loro vita.
Ancora una volta l’autrice ci presenta la lotta quotidiana per la sopravvivenza, in cui il lavoro è un valore assoluto e un’imprescindibile necessità volta non esclusivamente alla deduzione di un profitto materiale. I pescatori dedicano la propria vita al mare, cui sono legati da una forza misteriosa. Il mare è il collante che unisce, rende indissolubile il legame familiare, nonostante negli anni Cinquanta fosse simbolo di apparente divisione, disgregazione a causa dei movimenti migratori verso altri paesi che potessero garantire migliori condizioni di lavoro e di vita. Gli spostamenti, infatti, avvenivano attraverso il mare, che rappresentava dunque la separazione dalle proprie terre d’origine; ma allo stesso tempo sempre attraverso il mare si ritornava poi a casa per ricongiungersi, dopo aver fatto fortuna, con i propri cari. Nell’ultima sezione è presentato un testo teatrale che impreziosisce il libro di una realtà umana e culturale indicativa dell’identità e della storia mediterranea fondate sul lavoro umile. Protagonista è Caterina, la quale legge nella luna il presagio della malasorte per il marito che si trova in mezzo al mare in tempesta. L’elemento antropologico qui si intreccia con il linguaggio drammatico, rappresentando sotto un altro punto di vista, quello più profondamente emozionale, la vicenda immaginata su un palcoscenico. A corredare il testo di Assunta Scorpiniti, un glossario che spiega termini e detti calabresi, in modo da renderli fruibili a un vasto pubblico. Il libro è stato infatti presentato dall’autrice presso l’Istituto italiano di cultura a Bruxelles l’8 marzo 2012, proprio in occasione della Giornata internazionale della donna. Mai come oggi, in un tempo rinnovato di abbandoni della propria terra, l’autrice ci presenta una Calabria dalle prospettive allargate, in costante dialogo con tutti gli altri Sud del mondo. Con quest’opera, infatti, la scrittrice intende proporci una riflessione sulla variegata umanità che ci viene offerta dai movimenti migratori, un’umanità in costante ricerca di un senso di appartenenza, sia che provenga da lontane e indimenticate radici, sia che si proietti verso la ricerca di un luogo nuovo in cui identificarsi. Lo sguardo della donna di mare rivolto verso la luna si intreccia con altri sguardi di donne, uomini, bambini di altri mondi che attraversano il Mediterraneo in cerca di accoglienza.