L’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria) ha presentato nel corso dell’ultimo congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Radioprotezione, che si è tenuto sino a venerdì scorso ad Aosta, un contributo scientifico dal titolo “La Carta del rischio radon di Catanzaro e Crotone” (Consulta la ricerca completa). “Tra le sorgenti radioattive naturali – è detto nel presentazione del lavoro, esposto dal dr. Salvatore Procopio, fisico del laboratorio ‘E. Majorana’ del Dipartimento provinciale Arpacal di Catanzaro – il radon costituisce il principale fattore potenziale di rischio per la salute umana. Il radon, gas radioattivo che costituisce la frazione preponderante della radioattività ambientale, è naturalmente emanato dalle rocce che costituiscono la crosta terrestre”. Nel dettaglio, la mappa rappresenta la prima carta del rischio radon in Calabria supportata da un set robusto di misure sperimentali.
Infatti, lo studio ha interessato un’area di circa 4150 km2 e una popolazione di poco inferiore a 420.000 abitanti, con il coinvolgimento di quasi tutti i comuni delle due provincie attraverso la stima dei livelli di concentrazione di radon nelle unità abitative, nei luoghi di lavoro e nel suolo. I risultati ottenuti, elaborati su un campione più robusto rispetto ai dati di letteratura, sono di notevole importanza perché presentano un territorio dove il rischio radon non può essere trascurato come ipotizzato finora. Il lavoro, che costituisce una elemento di novità nel panorama calabrese, fornisce un primo strumento in grado di dare indicazioni sia sulla vulnerabilità del territorio rispetto al problema radon e rappresenta, nel contempo, un valido strumento per la pianificazione urbanistica e per il contenimento del rischio sanitario sia per la popolazione che per i lavoratori esposti. “L’analisi dei dati presenta un territorio in cui la concentrazione media di radon negli ambienti confinati – conclude la ricerca – è sensibilmente più alto di quelli attribuiti dalla campagna di misure del 1990. I comuni con un numero di abitanti superiore a 3000 abitanti presentano concentrazioni sensibilmente più alte rispetto ai piccoli comuni. Tuttavia il risultato acquisito in questa indagine confermerebbe quanto oramai è più di un sospetto, ovvero che il territorio calabrese presenta un livello di radon tutt’altro che trascurabile”.