“Forse iconograficamente il più ricco della regione […] emergente scurito con la torre tonda dalle argille macchiate delle colline prospicienti, quasi dona un simbolo a tutta la zona…”, secondo lo storico Gustavo Valente. Sto dicendo dell’attraente Caccuri, piccolo centro crotonese di appena due migliaia di abitanti, a pochi chilometri dall’antica Acerenthia, la vecchia Cerenzia, antica sede vescovile fino al 1818. Per quanto concerne la genesi del suo toponimo, questo potrebbe derivare dal termine greco “Kao – Kour”, nome di un villaggio della regione greca dell’Arcadia i cui abitanti potrebbero essere arrivati fin qui. Stando agli studi di alcuni storici e segnatamente Gabriele Barrio, deriverebbe dal latino “cacumine”, “cima” e corrisponde alla posizione del nostro centro, appunto su una rupe. Comunque sia, il centro crotonese pare fosse abitato già nel periodo neolitico, alla luce dei reperti rinvenuti qua e là. È stato feudo dei Sangiorgio che lo possedettero fino al 1292, anno in cui fu ceduto alla famiglia De Riso e da questa a Carlo Ruffo, conte di Catanzaro. Successivamente passò ai Riario, ai Coppola e ai Borgia nel Quattrocento, da questi, nel 1505, a Giovambattista Spinelli e la vedova di questi, Isabella di Toledo, nel 1559, lo vendette a Giovan Bernardino Cimino di Cosenza, il quale, a sua volta, lo passò, per qualche tempo, alla famiglia Sersale e nuovamente ai Cimino. Nel 1651 Antonio Cavalcanti, da Cosenza, comprò il feudo caccurese dal barone Cimino e cominciò a riedificare quello che ancora oggi è la maggiore attrazione turistico – culturale del territorio crotonese e di tutta la regione: il Castello, imponente maniero che sovrasta l’immensa rupe tufacea sottostante. Negli anni successivi è stato oggetto di continui rifacimenti ed ampliamenti fino al 1885 quando l’architetto Mastrigli, per conto del barone Barracco, ultimo proprietario prima dei Fauci, vi aggiunse il bastione e la suggestiva torre cilindrica merlata che altro non è che, abilmente mascherato, un serbatoio d’acqua alimentato dal vecchio acquedotto del paese.
E però, fino al 2003, i tanti turisti, cultori e curiosi che si arrampicavano sull’altura di Caccuri per visitare il castello, forse il più integro di tutta la regione, davanti al suo ingresso si ritrovavano l’amara sorpresa di non potervi entrare. Insomma il Castello… proibito. Da quell’anno, appunto, finalmente e per fortuna, e forse non son rimasti inascoltati i miei tanti appelli lanciati “il civettuolo maniero” è fruibile da turisti, cultori e curiosi. Ciò grazie ad una collaborazione tra la proprietà Fauci e l’Amministrazione caccurese. Beh, un castello…ritrovato! Al suo interno, oggi tutti possono visitare la Cappella Palatina seicentesca con collezione di preziosi dipinti e percorrere le antiche sale arredate fino alla cucina ottocentesca e al terrazzo “Mastrigli” da cui ammirare il suggestivo paesaggio del Marchesato e della Valle del Neto fino ai monti della Sila. Ma Caccuri non è soltanto il Castello. È anche terra di risorse minerali e termali: acque sulfuree e saline sgorgano nelle località Tenimientu, Terzo del Vescovo, Repole, San Giorgio e soprattutto Bruciarello. Ed ancora, Caccuri possiede un bel patrimonio artistico – monumentale da valorizzare e salvaguardare: la chiesa arcipretale di Santa Maria delle Grazie con statua lignea del ‘600 e ciborio marmoreo coevo; la chiesa della Riforma del 1544 con pregevole frontespizio in pietra calcarea. Non secondaria, la caratteristica via Simonetta dove sono ubicati il centro studi internazionali “Cicco Simonetta” ed i ruderi della casa paterna del gran cavaliere del 1400. Fuori le mura: reperti archeologici in località Pantano con resti di antica sepoltura; nelle contrade Patia e Lepore i ruderi del monastero basiliano dei Tre Fanciulli e del complesso monastico del Vuldoj ed altre chiesette rupestri in Timpa dei Santi. Qui inoltre, da qualche anno, è molto attiva l’Accademia dei Caccuriani che organizza annualmente l’ormai affermato “Premio Letterario Caccuri” il quale annovera tra i suoi collaboratori e componenti di Giuria: lo scrittore Giordano Bruno Guerri , Renzo Arbore musicista, il matematico Piergiorgio Odifreddi, il Direttore Sole24ore Roberto Napoletano, il giornalista Rai Marco Frittella, Alessandro Profumo Presidente MPS, Barbara Serra Giornalista Al Jazeera International, Davide Giacalone scrittore e opinionista, Mario Quintieri scrittore e psicoanalista e altri ancora. Beh, non mi sembrano cose da poco e giustamente è stato detto che “l’ubicazione geografica, il maestoso Castello, nonché l’abitato in pietra così simile ad un presepe, fanno di Caccuri un candidato ideale per entrare a far parte de ‘I borghi più belli d’Italia”. Prosit!