di Luigi Ruggiero. Peppino Aquila, direttore amministrativo in pensione, esordisce in campo letterario con la pubblicazione de “Un tuffo nel passato”, una raccolta di racconti e poesie, stampata in agosto 2015 da Giò grafiche di Belvedere Spinello. Un’opera che si legge tutto d’un fiato, empatica e simpatica, con cui Peppino si consegna al giudizio del suo “caro paesello” e di quanti finora non hanno avuto, come me, il piacere e l’onore di conoscerlo direttamente. Giuseppe Giusti, negli Epigrammi, sicuramente in linea con lo stile di quelle che lui definiva le “buscherate poetiche”, scriveva che “il fare un libro è meno che niente se il libro fatto non rifà la gente”. Per rifare la gente ossia perché il libro raggiunga la originaria mission ispiratrice, è necessario che la lettura stimoli l’introspezione, aiuti a guardarsi dentro la mente e il cuore, promuova e ove occorra corregga; perché il libro fatto possa rifare la gente è necessario che scriva chiaro e semplice. Peppino Aquila, di cui la cultura ciromarinese ha avuto modo di apprezzare dedizione al lavoro e grandi capacità di relazione durante la sua esperienza amministrativa al Circolo didattico di via della Libertà, nella silloge poetica e nella raccolta di parte dei suoi ricordi, che rappresentano il suo esordio letterario, riesce ad essere chiaro e semplice, e ove imprescindibile, pure efficace.
E’ chiaro, semplice ed efficace Peppino, quando canta “Ti dissi già una volta che il mio amore/era grande quanto la profondità del mare!/Credimi, ancora adesso, che son vecchio,/il vero amore non si scorda mai!”oppure “Come per incanto avverti il battito/del mio cuore,/sfiori piano piano la mia mano/e mi sussurri “ AMORE “!/Mi stringi tra le braccia, coprendomi/di lunghi baci,/e poi insieme/ allontaniamo il buio e/il freddo della notte.” La chiarezza e semplicità di Peppino Aquila, parlano di giovinezza e di disperazione, di sogno e di terrore “Vorrei entrare prepotentemente dentro la mia foto,/bucarla e riprendere il mio corpo !/ Vorrei rivivere la mia forza e quel sorriso,/Vorrei avvertire ancora quegli sguardi, / sempre a me rivolti !/ Il tempo passa e quasi mai te ne accorgi,/ma poi alla fine ti guardi e vivi solo di ricordi !”; di ricordi, riferiti ora al compianto Luigino Lamanna “Tiagnu nu turmiantu ‘ntra stu core,/nu caru amicu m’ha lassatu propriu moni/Era ‘na persuna degna, ma degna assai,/ e cumu illu ‘un ci né sarannu mai” ora a Nannarella “Guardu sta porta, sempre chiusa,/ ‘ntra vinella/ addue ‘na vota ce stavìa ‘na vecchiarella/Me fiarmu nu bellu pocu a lla guardare,/ e viju, supra a menza porta, a nànnama Sabella” ora alla scuola, che “abita” pure da pensionato: “U primu e settembre/ me azu e ra matina,/fazzu ppe’ jire a chilla bella scola/me guardu pue ‘ntru specchiu menzu assunnatu/e nu barlume e luce m’è bbenutu.” “ Ma mò chi sta faciannu stamatina ?!/’Un sai ca si già pensionatu ?!/ ‘un c’é bisuagnu ca te azi priastu/ e cose mò ppè tie su già cangiate!”.
Peppino è chiaro e semplice e grande, quasi a voler fare eco a Francesco De Santis, quando affermava che “la semplicità è la forma della vera grandezza”. E si è grandi, forse consapevolmente grandi, specie quando, in semplicità, si riesce ad esprimere il sé e gli altri, in una società come l’attuale, affollata da ismi ed arzigogolature, complicazioni e sofismi e ridondanze; nella società dell’avere e dell’apparire, immersa, e forse tragicamente annullata, dalle simulazioni e dai simulacri, dalle luci e dalle evanescenze e dall’anomia. La grande grandezza di Peppino riesce, attraverso la semplicità del lessico e del racconto, “a rendere importanti, di valore anche le realtà, le situazioni più umili, meno appariscenti perchè è come una goccia d’acqua che, una volta caduta nel mare, propaga la sua incomparabilmente semplice perfezione in modo concentrico.” Il chiaro e semplice ed efficace novellare dei “Ricordi” è poi “la letteratura privata” di un cuore che canta il passato con garbo e “senza scossoni”, al pari di un Leopardi che grato ricorre “tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose, ancor che triste, e che l’affanno duri!”, nella piena e complice consapevolezza che , così come scriveva John Lancaster Spalding, “I ricordi possono essere un paradiso dal quale non possono toglierci, ma possono anche essere un inferno dal quale non possiamo scappare”. Peppino Aquila in questo suo primo sforzo letterario riesce a dire tanto e bene di un passato che è fonte di futuro.