Nell’opera abbiamo deciso di rappresentare una figura femminile, in un nudo artistico, spogliata dei suoi gioielli, privata delle sue bellezze. Perfetta trasfigurazione della nostra terra, della nostra Calabria a cui è stato negato il diritto alla mobilità. La Calabria, succube di un sistema che le tarpa le ali, un sistema che la tiene in catene, le impedisce di realizzare le proprie potenzialità, la schiaccia, la costringe ad abbassare lo sguardo, a vergognarsi di se stessa, delle proprie origini, rappresentate dalla storica colonna magno-greca alle sue spalle e del proprio presente.
A questa figura, ritratta in una posa scomposta, a tre quarti, abbiamo dedicato la parte centrale della tela per mettere in risalto l’attenzione da noi prestata nella realizzazione degli ornamenti della “Donna-Calabria”; fra i quali possiamo notare il peperoncino calabrese, una maschera di frutta e la maschera apotropaica. I primi ornamenti rappresentano le bellezze naturalistiche ed enogastronomiche di cui la nostra regione si può fregiare; il terzo ornamento, invece, rappresenta le credenze tipiche calabresi, ereditate dalla cultura magno-greca.
Inoltre, abbiamo cercato di realizzare dei simboli evocativi. Attraverso l’utilizzo di colori “sporchi” abbiamo realizzato la sporcizia sulle ali incatenate della “Donna-Calabria”.
Le ali sono simbolo di libertà, di movimento, delle potenzialità della nostra terra;
La sporcizia è simbolo dell’inquinamento che da decenni è la piaga della nostra terra;
Le catene sono simbolo del sistema che impedisce al nostro territorio ionico di essere libero, di muoversi, di volare, il giogo che ci nega il diritto alla mobilità, che ci rende incapaci di realizzare le nostre potenzialità.
La motivazione che ci ha spinto alla realizzazione di questa tela non è solamente quella di muovere una critica sociale e politica nei confronti della situazione degradata in cui si trova la mobilità calabrese e soprattutto ionica, con lo smantellamento della ferrovia, la strada della morte (la statale 106) e la chiusura dell’ aeroporto “Pitagora” di Sant’Anna, ma soprattutto quella di proporre una soluzione originale. Crediamo, infatti, che con la cultura, con l’arte, con la partecipazione e l’impegno si possa se non risolvere il problema almeno lanciare un segnale di speranza e focalizzare l’attenzione del pubblico sul problema, per renderlo partecipe al grido: “Libertà è Partecipazione!Vogliamo volare”. Matteo Pizzinga