Ma il fatto che l’ Asphodelus che è simbolo d’estate sia già fiorito, ci deve far riflettere sulla grande anomalia dovuta al surriscaldamento globale. E’ una pianta cara agli dei, dal greco ἀσφόδελος asphódelos asfodelo(cadere , vacillare), pianta citata da Omero, Teofrasto e Teocrito. Omero immagina che di queste piante, usate spesso per adornare i sepolcri, fossero pieni i prati dove si aggiravano le anime dei morti; la sua persistenza potrebbe essere un riferimento alla memoria lasciata dai defunti. Secondo Pignatti il nome deriverebbe invece da “α” alfa privativo, “σποδός spodós” cenere e “ἔλος elos” valle, bassura ovvero valle di ciò che non è stato ridotto in cenere e si riferirebbe alla particolare ecologia di queste piante. Pianta che appartiene all’Ordine Asparagales, alla Famiglia delle Asphodelaceae’, alla Tribù delle Asphodeleae, e al Genere Asphodelus L, presenta rizoma sotterraneo, detto rizoma, che ogni anno emette radici e fusti avventizi. Si tratta di entità mediterranea indigena, con areale limitato alle coste mediterranee: area dell’Olivo. I frutti sono capsule a deiscenza, le foglie, tutte basali, cresce dal mare alla montagna fino a 1200 m s.l.m.: incolti, garighe, pascoli aridi, terreni sassosi. La sua presenza è indice di degradazione dell’ambiente. L’Asfodelo ha una lunga tradizione popolare. I tubercoli sono commestibili e sono stati usati come alimento durante le carestie e la prima guerra mondiale, ma tra i principi attivi ci sono anche piccole quantità di alcaloidi, che ne sconsigliano l’impiego terapeutico per uso interno. Il carbone ottenuto dai fusti della pianta ha proprietà assorbenti utile nelle terapie tossicologiche. In zootecnia i tuberi miscelati con miele venivano impiegati per la cura delle dermo-abrasioni e per lenire le ferite. In Sardegna ha radici molto antiche la coltura di intreccio dei cesti fatti con le foglie dell’asfodelo. Questo caratteristico artigianato ha contribuito per lungo tempo a far bilanciare le modeste entrate delle famiglie dei pastori e degli agricoltori. L’arte dell’intreccio è stata custodita e tramandata in segreto in ogni famiglia di madre in figlia. Era un lavoro faticoso che richiedeva una notevole manodopera per la raccolta ed il processo di lavorazione del materiale, messo a bagno nei corsi d’acqua per ammorbidirlo, steso ed asciugare nelle aie ed in fine il paziente e sapiente lavoro di intreccio per produrre pregiati cesti per vari usi. Le foglie fresche sono impiegate nella produzione di formaggi tipici pugliesi; sembra siano utili anche per tenere lontane le zanzare. Miscelando la polvere dei tuberi con acqua bollente si ottiene un collante resistente e naturale. Per gli antichi greci e romani era un fiore sacro, associato alla resurrezione, anche Omero ne parla nell’Odissea; era considerato il cibo preferito dei morti, per questo era il simbolo dei defunti ed era utilizzato per adornare le tombe; ancora oggi in alcuni paesi del Mediterraneo è il simbolo dei defunti. In Corsica, è consuetudine, nel giorno di Ognissanti, immergere i rami dell’Asphodelus ramosus nell’olio d’oliva e deporli come piccole lucerne davanti alle tombe dei propri cari,in segno di devozione. In generale il bestiame e le pecore rifiutano questa pianta, infatti il consumo continuato di foglie da parte di pecore determina una particolare patologia, che provoca paresi e convulsioni. Di frequente, in primavera, si riscontrono alla base delle foglie dell’Asphodelo della masse biancastre simili alla saliva. E’ una sostanza prodotta da una larva ( la sputacchina) Philaemus leucophthalmus della famiglia dei Cercopidi. Le ninfe appena nate si ricoprono di questa sostanza,prodotta dalla secrezione di ghiandole poste nell’addome e dalla linfa succhiata dalla pianta, per evitare la disidratazione e l’eventuale cattura da parte dei predatori.
Gli Asfodeli sono detti bastone di San Giuseppe, in quanto la tradizione vuole che nello scegliere un marito per Maria il consiglio del Tempio cercò un segno divino: l’uomo il cui bastone sarebbe fiorito sarebbe stato lo sposo della ragazza. San Giuseppe portava con sé un bastone di asfodelo e questo fiorì, segno che il Signore scelse lui da porre al fianco di Maria. Questa pianta viene citata nel 1º libro della saga di Harry Potter. L’asfodelo in polvere versato in un infuso d’artemisia nel romanzo origina una pozione soporifera talmente potente da andare sotto il nome di “distillato della morte vivente”. Per gli antichi Greci il Regno dei Morti era suddiviso in tre parti: il Tartaro per gli Empi, i Campi Elisi per i buoni, ed infine i prati di asfodeli per quelli che in vita non erano stati né buoni né cattivi. Per tutte queste credenze, ed altre ancora, i Greci usavano piantare asfodeli sulle tombe, considerando i prati di asfodeli il soggiorno dei morti. Un esempio forse non casuale lo abbiamo in Capo Miseno. Epimenide, considerato da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo (e la malva) per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. Ce ne parla Plutarco nel “Convito dei sette sapienti”. La leggenda vuole che Epimenide grazie all’uso di radici e erbe non avesse bisogno di mangiare e che visse 157 anni, ce ne parla Diogene Laerzio. Teofrasto, nella sua “Ricerca sulle piante”, afferma che le radici d’asfodelo sono commestibili. Gli asfodeli sono citati, fra l’altro, anche nell’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam quale pianta non presente là dove ella (la pazzia) sarebbe nata. In Europa fa parte delle piante protette. Il gambo dell’asfodelo giallo è un cibo antico che gli anziani pugliesi colgono ancora prima che sbocci il fiore e una volta scottato con acqua e aceto conservato sott’olio. Uno di quei sapori che va pian piano scomparendo.
Le Foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico pugliese, la “burrata”.In Sardegna viene utilizzato per la produzione di un miele dal gusto delicato, da assaporare da solo per coglierne le caratteristiche uniche. In alcune zone della Sicilia i gambi dell’asfodelo giallo vengono raccolti, privati delle foglie esterne, tagliati a metà e cucinati con un sugo o in frittate. Durante la seconda guerra mondiale la pianta nel meridione d’Italia costituì un buon supporto alimentare per chi aveva scarsezza di cibo. In alcune località della Sardegna, lo stelo dell’asfodelo viene utilizzato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati anche per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione tradizionale dell’asfodelo è particolarmente importante nei comuni di Ollolai (dove è presente anche un museo dedicato alla lavorazione di questa pianta), Tinnura e Flussio. La pianta contiene alcaloidi nocivi, quindi si consuma dietro cottura. Le parti impiegate sono le radici ingrossate e gli steli. Anticamente, come detto, le piante erano usate per lavori di intreccio, in Puglia vengono usate nella preparazione della famosa “burrata”, il latticino tipico della zona di Andria. A Cirò invece gli anziani utilizzavano le foglie per contenere ricotte e provole che gli davano una caratteristica profumazione.
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