“Il ritorno di Pino Aprile alla «ferita» dei Bronzi di Riace è un esercizio dialettico cui non mi sottraggo” scrive Vittorio Sgarbi sull’ultimo numero del settimanale Panorama. “Intanto, una premessa: i malati non si curano in base alla loro classe sociale. E i Bronzi (con la maiuscola) non sono e non devono essere più uguali di altri bronzi (minuscola). Tutte le opere d’arte richiedono precauzioni. Quelle elencate suggestivamente da Aprile dovrebbero valere per ogni altra opera perché ogni spostamento è un rischio. In alcuni luoghi il rischio è accresciuto dalla sensibilità dell’obiettivo: per esempio, a fini terroristici. Allora nessuna opera significativa andava portata all’Expo. Nessuna, non solo i Bronzi. E invece, all’insaputa del retorico e ignaro Aprile, sono arrivati a Milano: il Ritratto di ignoto marinaio del Museo Mandralisca di Cefalù; nove grandiose sculture di Nicola e Giovanni Pisano; nove giganteschi Polittici di Giotto (dico Giotto!) di diverse provenienze; la fragilissima Tomba del Tuffatore del Museo di Paestum, assoluto simbolo della Magna Grecia, sottratta ai visitatori di Paestum senza che nessuno protestasse. Ma Pino Aprile, sensibile meridionale, non se n’è accorto”.
“Perché le sue ragioni polemiche – continua Sgarbi – hanno a che fare con il divismo, che è anche la ragione per la quale io avevo proposto i Bronzi, come simbolo positivo della civiltà meridionale e riscatto, davanti al mondo, di una Calabria spesso tristemente nota solo per la criminalità. Nessuna difficoltà a trasportarli, nonostante le diffuse bugie, nell’epoca in cui l’uomo va sulla luna. Nessuna difficoltà a trovare sponsor per la remunerativa impresa. Già pronto un vagone predisposto con particolari ammortizzatori. Già pronte, sempre all’insaputa di Aprile, le casse che trasportarono i bronzi a Roma per volontà del presidente Sandro Pertini, che li espose al Quirinale; e anche quelle per il terzo inutile restauro nella sede (pur sempre un trasporto) della Regione Calabria, dove stettero 1.600 giorni a gambe in su…. A Milano i Bronzi, al contrario di quanto afferma il disinformato Aprile, non sarebbero dovuti andare (mai pensato) nel padiglione Lombardia, ma in Palazzo Reale, dove sono state accolte fragili opere di Leonardo e la stessa Tomba del Tuffatore. O, gratuitamente, nel padiglione Italia, che accoglie il fragilissimo, e non meno importante dei Bronzi, Trapezoforo di Ascoli Satriano senza la minima rimostranza meridionalistica di Aprile, la cui ignoranza non è giustificabile. Ci sono dunque due Meridioni, per Aprile? Uno esportabile e l’altro no? Con quale criterio? Ogni altra considerazione di Aprile è fondata soltanto su una retorica mozione degli affetti. Ma ciò che più non si può accettare è la mancanza di valutazioni oggettive sulla presunta fragilità dei Bronzi. Nello stesso momento in cui se ne vietava l’esposizione a Milano, si apriva a Firenze, in Palazzo Strozzi, «Potere e Pathos», dove erano esposti circa 50 bronzi prodotti tra il V e il II secolo a.C., di ogni provenienza, e anche meridionale. Tutti importantissimi e fragilissimi. Soltanto meno famosi. Perché non si è preoccupato anche per loro Pino Aprile?”.