In Calabria è possibile una valorizzazione turistica delle componenti geo-ambientalistiche (mare, monte, clima), di quelle storico-artistico-religiose (dal magno-greco ai nostri giorni passando per i normanni e gli svevi e il monachesimo calabro – greco) e di quelle produttive (artigianato, agriturismo, fiere, ecc). E però il decollo turistico della Calabria è reso difficile anche dallo stato di compromissione del territorio determinato dall’incapacità degli Enti Locali di esprimere ed imprimere una visione unitaria d’uso che colleghi i problemi della tutela dell’ambiente a quelli generali dell’armonico sviluppo sociale ed economico. Un piano d’insieme consentirebbe a tutta la regione, e non solo a pochi spazi montani o rivieraschi che siano, uno sviluppo omogeneo. Innanzitutto le infrastrutture. Il decollo turistico è problematico se ancora tutta la costa ionica è attraversata dalla vecchia e pericolosa Strada Statale 106 e ancora da una linea ferroviaria a binario unico e non elettrificata. E l’aeroporto di Sant’Anna di Crotone che stenta ad entrare nei circuiti nazionali. E le comunicazioni interne del Marchesato che non permettono di dare attenzione ai paesi che vanno spopolandosi. La nostra regione offre una molteplicità di forme di turismo tutto coniugato al culturale: montano, balneare, rurale, naturalistico, termale, religioso, speleolitico ed enogastronomico e le risorse sono davvero tante. In questo itinerario turistico mi piace percorrere le strade della fede e della religiosità oltre che dell’arte attraverso la visita alle antiche diocesi di rito greco-bizantino, alle cattedrali e ai monasteri dei vari ordini religiosi che si sono succeduti sui sentieri del Marchesato crotonese. Il viaggio inizia attraverso i santuari dei Frati Minori fedeli alla Regola di san Francesco d’Assisi che custodiscono da secoli opere di grande interesse storico – artistico ma soprattutto di grande richiamo di fede.
Cutro e il Crocifisso di Fra’ Umile
Cutro è uno dei centri più popolosi ed importanti del vecchio Marchesato crotonese. Sorge ai piedi delle montagne presilane e a pochi chilometri dal mare Jonio dove tra le frazioni di Steccato e San Leonardo, negli ultimi anni, si è sviluppato un imponente turismo balneare anche supportato da strutture ed infrastrutture ricettive di qualità. Di sicuro non è la Cutro del millennio passato. Scriveva, infatti, forse esageratamente ma non troppo, Alfredo Todisco su La Stampa nel marzo 1958: “Qui la miseria ha uno sfondo che ha perduto molto dell’umano. Senza canti, senza tradizioni artigiane, senza costumi particolari. Cutro è un paese abitato da un popolo di bambini scalzi e di cani randagi. Gli adulti sono sui campi, oppure aspettano un lavoro lungo la strada principale, seduti a terra…”. Qui venne anche Pasolini a girare il suo Vangelo secondo Matteo e finì per definire Cutro “paese dei banditi”; ma fu frainteso dalla classe dominante del tempo. Cutro per il grande regista era soltanto il paese “bandito” dalla legge e dallo Stato; insomma ai margini della società civile. Di Cutro ha scritto anche Padre Fiore nella sua “Calabria illustrata” che, ribadendone la fondazione krotoniate, sostiene che “bisognerebbe crederla oltre di là dell’Evangelo.” Nel tardo medioevo e nel periodo feudale assieme alla vicina Le Castella costituiva parte della grande ed importante Contea di Santa Severina e più tardi feudo del Principe Filomarino che abitò l’imponente palazzo, oggi proprietà Grisi, affiancato dall’indelebile “jamula”. Nel tempo Cutro è stata danneggiata oltre che dalle scorrerie turchesche anche da calamità naturali quali i terremoti: il più disastroso quello dell’8 marzo 1832 che distrusse gran parte del centro mietendo vittime. Fu poi ricostruita dalla “via nova”, oggi Corso Nazionale. Sul territorio cutrese sorsero molti conventi e chiese e sicuramente la più celebre è da considerare la chiesa, con monastero delle Clarisse, detta delle “Monachelle”. Oggi la chiesa, per fortuna, dopo tantissimi anni di abbandono, è tornata a tornata al culto e all’antico splendore. All’esterno di essa si può vedere un portale in bassorilievo di pietra tufacea in stile ruvido-rinascimentale raffigurante angeli in atto estatico nella contemplazione di Dio; all’interno vi erano marmi e tele di Pietro Drosi della scuola artistica di Satriano ed oggi preservati nella locale chiesa Collegiata dell’Annunziata.
Nel tempo i feudatari del casale di Cutro edificarono, a loro uso, delle cappelle. Una di queste è la settecentesca chiesetta, della famiglia De Mayda, detta della Pietà per via della presenza di un’omonima tela attribuita, per molto tempo, al famoso Mattia Preti ma in anni recenti assegnata, dal critico d’arte Biagio Cappelli, alla scuola genovese. Nella chiesa, oggi Santuario, e convento dei Francescani eretto intorno al 1586 per volontà di P. Giacomo, cutrese, all’epoca P. Superiore dei Riformati di Cosenza, è custodita una mirabile scultura lignea del Crocifisso voluta dai P.P. Benedetto e Daniele, cutresi. Questi si erano conformati alle direttive del Concilio di Trento che, in piena Controriforma, voleva incrementare la devozione popolare e far scaturire, con la presenza di opere d’arte religiose, come sostiene Rosolino La Mattina, “una fortissima carica psicologica ed una così travolgente passionalità tale da coinvolgere lo spettatore al drammatico tema” della Crocifissione. Autore dell’opera cutrese è Fra’ Umile (al secolo Giovanni Francesco) Pintorno, nato a Petralia Soprana (PA) tra il 1600 ed il 1601 e morto il 9 febbraio 1639 in odore di santità. I vari convegni di studio che si sono succeduti in Sicilia e Calabria e particolarmente quello di Mojo Alcantara del 1985 hanno rivalutato e fatto conoscere al grande pubblico la figura e le opere del pio scultore siciliano e grazie anche al La Mattina e Felice Dell’Utri che nel 1986 hanno pubblicato un corposo testo illustrato e che oggi costituisce l’insostituibile catalogo di tutte le opere del Petralese attribuitegli come autentiche e quelle ancora da chiarirsi. E sono tante le opere e forse più delle 33, tra Crocifissi ed Ecce Homo, già riconosciute. Le sculture sono sparse in Sicilia e nell’isola di Malta; in Calabria abbiamo l’Ecce Homo di Mesoraca e il Crocifisso di Bisignano che assieme a quello di Polla (SA) e il nostro costituiscono il trittico della piena maturità artistica vista l’assoluta somiglianza tra i tre. Il Cristo di Cutro è uno dei più famosi e l’unico a possedere la singolarità della perla sospesa sulla punta del naso a mò di lacrima caduta dall’occhio sinistro. La nostra scultura non è facilmente databile e comunque il biografo P. Guido Macaluso, gesuita, la inserisce tra il 1636 ed il 1637 assieme a quelle di Polla e Bisignano (questa data 1636) alle quali è accomunata da diversi particolari. Molti sono gli studiosi, i cultori d’arte o soltanto curiosi viaggiatori che si sono avvicinati al Crocifisso di Cutro per un attento esame. Fra i tantissimi ricordiamo Alfonso Frangipane, fondatore dell’Istituto d’Arte “M .Preti” di Reggio C. ed il ligure meridionalista Giuseppe Isnardi che venne a Cutro nel 1938. Molti anche i poeti che, al cospetto della Pietas del Cristo cutrese, hanno scritto versi di phatos e fede.. Nel 1996 dopo una campagna di sollecitazione condotta da me il Crocifisso è stato sottoposto a lavori di restauro conservativo affidati alla restauratrice Emanuela D’Abbraccio autorizzata dalla Soprintendenza ai Beni Artistici in considerazione del fatto che la nostra statua è annoverata fra i monumenti nazionali per effetto della regia legge 1084 del 1939. Nell’aprile del 2000 la scultura pintorniana è stata esposta a Palazzo Arnone di Cosenza assieme ad altre grandi opere d’arte della Calabria.